La passata di «Spagnoletta» di Gaeta è un prodotto censito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Quando viene cotta, diventa tutto sugo. Un sugo colloso, che aderisce molto bene alla pasta, in particolare agli spaghetti che le massaie gaetane usano preparare e condire col tipico «basilico rosso». Questo pomodoro è una delle varietà più aromatiche coltivate in Italia. Ma anche la meno presentabile. Ed è forse per questo motivo che non ha mai avuto un grande sviluppo commerciale e la sua coltivazione è a rischio.
È un pomodoro dal diametro di 4-5 centimetri, piatto, arricciato e tutto coste. Ha un gusto forte ed è pieno di semi ma è molto saporito, con la polpa deliquescente. Ad alcuni non piace molto proprio per questa sua aggressività, anche se non è per niente sgradevole. E allora lo utilizzano per «tagliare» le altre passate di pomodoro, per dar loro più sapore. Molto precoce, si trova fresco soltanto nei due mesi di raccolta: giugno e luglio. Va mangiato nel giro di qualche giorno dalla raccolta perché, a causa della pelle sottile e della tanta acqua che contiene, marcisce facilmente. Più che a insalata (anche se nel secondo dopoguerra era l'unico pomodoro disponibile in zona da mangiare così), viene usato per preparare la panzanella. E per condire la tiella, quella però che prevede tra i suoi ingredienti anche il pomodoro. Da oltre duecento anni che si coltiva a Gaeta. Ma non è una varietà autoctona, anche se con il tempo è diventato un ecotipo locale: i semi vengono esclusivamente prodotti dai contadini del posto. La sua coltivazione fu introdotta nella Riviera d'Ulisse dagli agricoltori di Pozzuoli, con uno scopo ben preciso: fornire ai colleghi di Gaeta solo piantine poco resistenti così l'anno successivo avevano ancora il mercato assicurato. Fu questo fatto a spingere i coltivatori gaetani a selezionare una specie tutta locale. Assomiglia al «Pisanello», un antico pomodoro toscano. Molto precoce, la «Spagnoletta» s'inizia a raccogliere intorno alla metà di giugno e non è possibile coltivarlo in serra perché soffre molto il calore. Le sue foglie sono simili a quelle delle patate: sono lisce e poco laciniate. Mentre la pianta è alta in media oltre un metro. Pochi gli ettari coltivati, quasi tutti nella piana di Sant'Agostino, una delle zone agricole più vocate di Gaeta. Nonostante questo, occupa ancora un posto di tutto rispetto nell'agricoltura locale, che gli consente di continuare a essere uno degli attori principali della cucina locale. Poiché non si può coltivare sotto serra, è molto ricco di licopene, un pigmento rosso, considerato un ottimo agente anticancro. Se Don Ippolito Cavalcanti descrisse per primo la salsa di pomodoro, fu nello stabilimento di Francesco Cirio che cominciò, alla fine dell'Ottocento, la produzione industriale di pomodori conservati.