Anzio, torrido pomeriggio di luglio e una leggera brezza che smuove i capelli e scuote le fronde degli alberi. Nell'antica Villa di Nerone c'è silenzio e gli unici rumori arrivano dal vociare dei bagnanti in spiaggia. Poi, però, ecco la melodia di due chitarre: accenni di jazz manouche che fanno tornare la mente alla Parigi degli anni ‘30. Ma siamo nel 2017 e a suonare non è Django Reinhardt, ma due mostri sacri del genere in Italia: Gianfranco Malorgio, cittadino di Anzio e fondatore del gruppo musicale "Hot Club Roma", e Giorgio Tirabassi, grande appassionato di musica e tra i migliori attori del Bel Paese. Stanno preparando il concerto che, venerdì sera, ha incantato proprio l'antica Villa Imperiale, con un grande successo di pubblico per il quintetto formato da loro due e da Moreno Viglione, Gian Piero Lo Piccolo e Renato Gattone. Approfittiamo di una pausa per intervistare lo storico "Ispettore Ardenzi" di Distretto di Polizia, disponibilissimo nel rispondere alle nostre domande.


Partiamo dalla fine: quali sono le sensazioni che si provano a suonare in un sito così prestigioso come quello di Anzio?
«È sempre interessante trovare angoli di città che conosco poco. Da ragazzetto venivo spesso a Nettuno nella casa di alcuni amici poi, grazie agli eventi musicali, ho conosciuto Anzio e oggi mi fa piacere che la città si dedichi alla cultura e offra spazi aperti al pubblico».


Come ti sei avvicinato al mondo del jazz?
«È stato un avvicinamento graduale. Da ragazzo suonavo la chitarra e ho cominciato con la Bossa nova. Contestualmente ho iniziato ad amare il jazz e, soprattutto, Django Reinhardt: di conseguenza, ho iniziato a fare pratica e ho preso qualche lezione».


È più emozionante la musica oppure la recitazione?
«Senza dubbio la musica. È un mondo in cui sono ancora insicuro ed è una grande passione, anche se il debutto a teatro è sempre una grande emozione. La recitazione, da quarant'anni, è comunque il mio lavoro, quindi l'emozione si trasforma in tecnica ed esperienza».


Accanto a noi c'è Gianfranco Malorgio, che qui ad Anzio è di casa. Come vi siete conosciuti?
«Circa cinque anni fa stavo portando avanti un progetto di rivisitazione delle antiche canzoni romane, accompagnato da quattro amici. Facevamo le prove al Music Inn di Roma e anche Gianfranco e gli altri di Hot Club Roma provavano lì. Ci ascoltavamo a vicenda e a me già piaceva il Gipsy. È quindi nata la collaborazione che ci ha portato anche a organizzare lo spettacolo "Django Reinhardt, il fulmine a tre dita" che racconta la biografia di questo grande artista. In quel caso la formazione è stata composta da otto elementi, mentre col quintetto stiamo girando di più e suoniamo molti pezzi anni '30 e '40».


Qual è il tuo rapporto con la gente durante uno spettacolo?
«L'applauso che ricevi è la conseguenza del tuo lavoro e di ciò che riesci a trasmettere. Le risposte del pubblico sono le nostre conferme».


Quando ti incontrano in strada, invece, ti riconoscono nelle vesti di un tuo personaggio in particolare?
«Chiaramente la maggior parte della gente mi ha conosciuto grazie a Distretto di Polizia, ma ci sono tante persone legate anche all'interpretazione di Borsellino o alla fiction de I Liceali».


Il tuo rapporto con la romanità?
«Mi piacciono molto la tradizione popolare, quel che è stato scritto e ciò che è stato raccolto nel tempo. Ho lavorato e continuerò a lavorare sulle canzoni popolari: basti pensare che, rivisitando gli stornelli, ne è nato un disco».


Torniamo alla musica. Che tipo di pubblico assiste ai concerti jazz?
«Sicuramente è un tipo di musica che "prende" i più grandi, ma noto con piacere che sempre più ragazzi assistono alle esibizioni. D'altronde, il jazz manouche è un genere che sta andando di moda».


Quando sei a casa ascolti musica leggera?
«No. Devo dire che sopporto poco la radio e faccio fatica a riconoscere le differenze tra le canzoni di musica leggera. Nei momenti di relax ascolto il jazz di vari periodi, ma anche composizioni di chitarristi e trombettisti».


Continuerai a fare musica?
«Assolutamente sì. Di fatto è un lavoro ma allo stesso tempo non lo è. Ti diverte e quindi acquista un valore in più».


Musica e teatro: possono coesistere?
«Certo. Con Hot Club Roma ne abbiamo dato prova organizzando lo spettacolo su Django Reinhardt che abbiamo portato nei teatri, raccontando anche un periodo storico importante. Chiaramente è impegnativo, perché in scena vanno tante persone. Poi occorre trovare gli spazi giusti anche nei cartelloni e spesso, chi decide questi ultimi, ha dei dubbi su certi tipi di spettacolo».


Un'ultima domanda: quali sono i progetti per l'immediato futuro?
«Ora è tempo di vacanze. Ho appena finito di girare a L'Aquila una serie tv per Rai Uno, diretta da Marco Risi. Adesso mi riposerò, ma in inverno siamo già pronti, con Gianfranco e i ragazzi di Hot Club Roma, a tornare a Londra per suonare a Le QuecumBar ancora una volta».