Dopo tre anni trascorsi alla guida della questura di Corso della Repubblica Giuseppe De Matteis si appresta a lasciare Latina per andare a Roma, dove assumerà l'incarico di responsabile della sicurezza della Camera dei Deputati e del suo Presidente. Un riconoscimento importante, sia personale che per la carriera, che arriva dopo una gestione brillante dell'ultimo incarico, ricco di successi grazie anche agli uomini di cui De Matteis ha saputo circondarsi e grazie alle relazioni che ha saputo costruire con le altre istituzioni, prima fra tutte la Procura.
Ricordo la prima volta che ci siamo incontrati nel suo ufficio in Questura; lei aveva già capito dove era finito, ma non era certo di poterne uscire indenne e soprattutto vittorioso. Cosa è successo?
«E' un'analisi esatta, mi trovavo proprio in quella situazione. Ci ho pensato su prima di prendere qualsiasi iniziativa; ho valutato le risorse e le forze di cui disponevo, ho messo mano alla squadra di cui mi sarei servito, ho eliminato un paio di figure che ritenevo ingombranti e poi mi sono dato da fare, sono partito all'attacco, che è quello che bisogna fare quando si vuole capire davvero chi si ha di fronte. Contestualmente mi sono preoccupato di lanciare segnali di distacco netto tra la Questura e situazioni poco chiare, e debbo dire che per fortuna ha funzionato. La Procura ha immediatamente raccolto quel segnale e si è fidata della polizia, i miei uomini hanno ritrovato il giusto entusiasmo e soprattutto la gente ci ha fatto sentire il calore e la presenza di cui gli uomini che servono lo Stato hanno bisogno per interpretare al meglio il loro ruolo e la loro missione».
Prima di sbarcare a Latina Lei era stato a Frosinone: cosa divide le due province?
«Tutto. Sono due realtà completamente diverse e l'unica cosa che le unisce è Cassino, perché è geograficamente e culturalmente collegata con l'area a sud della provincia pontina e perché Cassino, come il Golfo, è infiltrata dai Casalesi. La prima operazione per associazione a delinquere di stampo mafioso portata a termine nel Lazio, se si eccettua Roma naturalmente, è stata quella denominata Sistema Perfetto, chiusa nel 2013 quando ero questore di Frosinone, ed è stato un duro colpo per quella che si definiva allora la terza linea del clan dei Casalesi. Per il resto le province ciociara e pontina si somigliano davvero poco perché hanno peculiarità e pregi diversi».
Tre anni di permanenza sono abbastanza per poter dire se questa provincia ha buone chances di crescita o meno.
«Credo che il territorio pontino abbia superato un punto di non ritorno, d'ora in poi si può soltanto andare avanti e crescere. A condizione che la comunità comprenda che il rispetto delle regole è il passepartout per lo sviluppo. Ci sono ancora troppi cittadini abituati a non rispettare le regole, e questo è un passaggio culturale da superare. Ritengo comunque siano stati fatti grandi passi avanti negli ultimi anni e sarei ottimista».