Un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti che aveva a disposizione un'intera ex cava di pozzolana dove interrare lontano da occhi indiscreti, rifiuti di ogni genere, pericolosi, inquinanti, forse anche tossici. E' quanto portato alla luce dall'indagine che ha permesso di disarticolare il sodalizio con l'esecuzione, all'alba di ieri, di 22 ordinanze di custodia cautelarie. Gli indagati ruotavano intorno alla cava di via Corta, una traversa di via del Tufello ad Aprilia. E' qui che da marzo del 2016 sono stati osservati andare e venire centinaia di camion. E fermando uno di questi mezzi si è capito che trasportavano rifiuti verso quella che era divenuta una gigantesca discarica abusiva. Le reazioni di istituzioni e Chiesa.

Da quei camion fumi gialli, verdi e arancioni
«Un'attività selvaggia, proseguita a lungo nel tempo, fatta in assenza di qualsiasi forma di autorizzazione». Non ha certo mitigato i toni il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino che ieri durante la conferenza stampa svoltasi a Roma a poche ore dal'esecuzione delle 22 ordinanze cautelari e dal sequestro della cava, una possibile bomba ecologica già esplosa, ha descritto l'attività portata avanti almeno dal 2016 da parte dell'organizzazione che gestiva la discarica abusiva in via Corta, traversa di via del Tufello alle porte di Aprilia.  La gravità della situazione, in attesa di conoscere con esattezza la natura dei rifiuti, già però definiti pericolosi, sta tutta nei reati contestati ad arrestati ed indagati: c'è l'associazione per delinquere naturalmente, e c'è il traffico illecito di rifiuti, ma accanto a queste gravi accuse gli inquirenti, che hanno agito sotto il controllo della Direzione distrettuale antimafia di Roma hanno raccolto elementi per contestare anche diversi reati ambientali, e finanziari come la fittizia intestazione di beni e l'autoriciclaggio. Si tratta di accuse che potrebbero portare a pene anche di dieci anni se, non voglia il caso, le accuse non peggioreranno una volta effettuati carotaggi e analisi, magari portando ad una ipotesi di disastro ambientale.
La situazione è gravissima. A quanto è dato sapere gli agenti che dopo un'iniziale fase di appostamento con solo una macchina fotografica, sono arrivati a installare intorno alla cava ma non solo, fino a 14 telecamere diverse, alcune specifiche per le riprese in assenza di luce, hanno potuto osservare con i propri occhi una serie di episodi da gelare il sangue. Quando i camion arrivavano alla cava, spesso provenienti da Velletri dove i rifiuti venivano compressi in balle gigantesche, scaricavano nei buchi creati apposta. Da quei cumuli si sprigionavano fumi di ogni tipo. Ne hanno visti di verdi, di gialli, di arancioni e viola. Se non fossero stati consapevoli che si trattava con molta probabilità di veleni sarebbe potuto forse anche essere una sorta di spettacolo. Invece gli agenti stavano documentando uno degli scempi più grandi registrati sul territorio di cui, la vera entità, probabilmente ancora non è stata accertata completamente. E dopo i fumi gli odori, la puzza. Anche ieri durante le fasi di sequestro, nella cava l'aria per molto tempo era irrespirabile.

Il sito più sicuro per far brillare le bombe
Quando ancora, forse, nessuno, sospettava nulla sulla cava di via Corta proprio lì sono state fatte brillare quattro bombe inesplose della seconda guerra mondiale. Per un giorno intero, il 15 gennaio 2016 gli artificieri hanno chiuso tutto e l'area circostante è stata fatta sgomberare. Era uno dei pochi siti sicuri in cui effettuare quel tipo di operazione: le bombe erano state ritrovate già tempo prima e si era in attesa di reperire un luogo idoneo. Lo era la cava dei Piattela ad Aprilia. Non si può escludere che già allora fosse in corso l'attività di sversamento e dei rifiuti e che qualcosa di anomalo sia stato notato anche quel giorno. Le operazioni furono coordinate dalla polizia locale di Aprilia e fu necessaria l'attivazione di speciali procedure in collaborazione con i tecnici dell'Esercito, coadiuvati dai Vigili del Fuoco. 

Centinaia di tir e sversamenti. Il tutto gestito dai Piattella
Centinaia di episodi di sversamenti e di interramenti documentati grazie alle telecamere e agli appostamenti.
E dietro a tutto questo traffico illecito: una famiglia. I servizi di osservazione - hanno sottlineato dalla Questura di Roma - effettuati grazie al sistema di videosorveglianza, e le intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno consentito di delineare, sin dalla fase iniziale delle indagini, che a gestire la discarica abusiva fosse Antonino Piattella, 53 anni che gli inquirenti considerano essere 2l'autentico dominus" dell'intera filiera illecita. Al suo fianco il figlio di 22 anni Riccardo. E' lui che per gli investigatori era il gestore della cava a tutto tondo.

Aziende e società multate: i reati e gli illeciti finanziari
«Si tratta di un'indagine su tematiche di estrema complessità e di vitale importanza perché attiene alla salute di tutti e alla sopravvivenza dei nostri territori» ha sottolineato il capo dello Sco - Servizio centrale operativo Alessandro Giuliano durante la conferenza stampa di ieri mattina a Roma. Ma oltre all'aspetto legato all'ambiente, all'inquinamento e alla salute pubblica, l'operazione che ieri ha portato all'esecuzione di 22 ordinanze cautelari, alcune per la detenzione in carcere, altre per obblighi di Pg e per divieti di dimora nei luoghi in cui si sono commessi gli illeciti, ha permesso di contestare una serie di reati anche di natura diversa. Intanto bisogna sottolineare che sono finiti sotto sequestro preventivo beni per circa 15 milioni euro: 9 società, 11 quote societarie, 7 fabbricati destinati a civile abitazione, 8 fabbricati industriali, 7 locali di deposito-magazzino, 37 appezzamenti di terreno, 60 tra autovetture e mezzi pesanti e d'opera aziendali, numerosi rapporti bancari.

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