L'allarme lanciato dalla Fondazione Caetani sulle conseguenze più vistose sofferte dall'oasi di Ninfa a causa della siccità di questa stagione ripropone il mai abbastanza approfondito tema del rapporto tra l'uomo e le risorse naturali. Al proposito, il caso di Ninfa è emblematico, perché il progressivo abbassamento dei livelli delle acque nel lago e nel canale dell'oasi naturalistica è certamente in parte dovuto all'utilizzo a scopo irriguo delle sorgenti limitrofe.
A monte del laghetto di Ninfa, prima che le acque sorgive entrino nello specchio d'acqua, in forza di una vecchia concessione il Comune di Latina preleva un quantitativo di acqua di circa 300 litri al secondo per distribuirla ai cittadini del capoluogo per uso potabile. Non è la fine del mondo, ma in caso di siccità, come è avvenuto questa estate, anche quel prelievo si fa sentire.
A valle dell'oasi invece, in località Piegale, il Consorzio di Bonifica preleva circa 1000 litri d'acqua al secondo prima che torni a disperdersi nelle falde sotterranee. Quella captazione, a suo tempo predisposta con finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, doveva servire a rifornire di acqua le aziende agricole di Borgo Carso, Borgo Podgora e Doganella, circa 2.500 ettari di terreno agricolo sfruttato in maniera intensiva. In realtà, secondo il progetto della Casmez, l'area da servire doveva essere di una superficie pressoché doppia, 5.000 ettari, e infatti al Piegale ci sono sette pompe di sollevamento, ma soltanto tre sono in funzione e servono a convogliare l'acqua nel bacino artificiale realizzato nei primi anni ‘90 sotto Norma, da dove a caduta l'acqua torna a riversarsi a valle per servire le aziende agricole consorziate. Un andirivieni di acqua su una condotta del diametro di circa 2 metri, assolutamente sovradimensionata rispetto alle proporzioni dell'opera realizzata e, oggi possiamo dire per fortuna, rimasta bloccata allo stadio del primo stralcio.
Tecnicamente, ad impoverire la portata del laghetto e del canale di Ninfa possono essere soltanto i prelievi effettuati a monte, come quello del Comune di Latina, ma non è dato sapere quanti privati della zona abbiano realizzato in proprio dei pozzi che attingono a quella stessa sorgente.
Quanto all'impianto del Consorzio di Bonifica a valle dell'oasi, l'effetto dell'abbassamento dei livelli dell'acqua a Ninfa ha finito per rendere ancora più approssimativa la funzione del mega impianto di Piegale, che stenta a raggiungere la pressione necessaria per una distribuzione ottimale e non riesce dunque ad assolvere in pieno alla funzione. Ne sanno qualcosa gli agricoltori della zona nord del Comune di Latina e quelli di Doganella, che benché paghino per intero le quote consortili, ricevono l'acqua razionata, una volta ogni tre giorni, perché di più non si può fare.
Sono loro, gli agricoltori, i più danneggiati, perché nella fertilissima zona a ridosso dell'Appia le colture più praticate richiedono tutte abbondanti e frequenti innaffiature.