Un colpo fatale, sferrato probabilmente con un bastone recuperato e sequestrato a poca distanza dal luogo di ritrovamento del corpo privo di vita. Poi un'ora di sofferenza in auto, davanti ai figli, prima della morte. È stato questo l'ultimo, orribile viaggio di Gloria Pompili.

Un delitto brutale, maturato in un contesto familiare difficile. Così, durante la conferenza stampa di ieri mattina in Procura a Latina, è stata definita la morte di Gloria Pompili, la 23enne di Frosinone trovata senza vita a Prossedi nella notte tra il 23 e il 24 agosto scorsi. I presunti responsabili sono stati arrestati all'alba di ieri a Frosinone.
In particolare, a finire in carcere - per le ipotesi di reato di decesso a seguito di maltrattamenti in famiglia e sfruttamento della prostituzione - sono stati Loide Del Prete, classe 1978 di Frosinone, cugina della madre di Gloria, e Saad Mohamed Mohamed Elesh Salem, classe 1994 e d'origine egiziana, compagno della Del Prete nonché cognato della vittima.
L'ordinanza - firmata dal gip del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone su richiesta del sostituto procuratore Luigia Spinelli - è stata eseguita dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Latina e dai colleghi del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Terracina.
«I carabinieri, fin dal primo momento, non hanno mai smesso di cercare di dare un volto a chi aveva ucciso Gloria - ha affermato, in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza -. In più, tante persone che hanno voluto collaborare: credo di non aver mai visto un'indagine in cui le persone si sono trasformate in vere e proprie telecamere». Il procuratore aggiunto, a tal proposito, si è detto tranquillo sulla portata delle fonti di prova - raccolte sia con tecniche tradizionali che con l'ausilio delle moderne modalità d'indagine - che dimostrano dei fatti gravi, figli di un degrado sociale in cui la donna ammazzata di botte viveva. Durante la conferenza, il colonnello Gabriele Vitagliano - comandante provinciale di Latina - ha invece rilevato la difficoltà di operare nell'accertamento di fatti accaduti in ambito familiare. «La vita della vittima - ha evidenziato - ci ha indirizzato sulla ricostruzione dei fatti fino a permetterci di collocare in un contesto significativo sia la vittima che i presunti responsabili della sua morte. Gli accertamenti tecnici, poi, hanno confermato la ricostruzione dei fatti. «Svolgere le indagini su delle persone in un contesto che avrebbe dovuto essere contrassegnato dall'affetto è stato difficile» ha poi aggiunto il capitano Margherita Anzini, al comando della Compagnia di Terracina, che non ha mancato di lanciare un messaggio alle donne vittime di violenza. Chiaramente le indagini andranno avanti: gli accertamenti che hanno portato all'ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due presunti responsabili del delitto hanno fatto emergere un contesto violento in cui viveva Gloria. Pestaggi quotidiani e percosse perché Gloria - nonostante tutto - non avrebbe voluto prostituirsi. Le botte, stando alle prime indiscrezioni, erano state sempre più violente, fino ad arrivare al colpo talmente forte da costarle la vita. Scene terribili, dunque, che non sono sfuggite agli occhi della gente: chi, fino a quel momento, aveva taciuto, ha deciso di collaborare. Dalle urla in casa fino alle botte sia dentro che fuori dell'abitazione, ma anche gli ultimi momenti della storia, quando il corpo di Gloria è stato tirato fuori dall'auto sulla 156 dei Monti Lepini, sotto agli occhi dei figli: qualcuno, ascoltato dagli investigatori, ha sempre visto o sentito tutto.
E questo, ai fini dell'indagine, è stato un bene.