E' una battaglia legale che vale la pena combattere perché ruota attorno alla disponibilità di 53 milioni di euro e perché aiuta a comprendere cosa è accaduto davvero alla galassia delle società di uno degli imprenditori più conosciuti e ricchi, Alberto Veneruso.


Il tesoretto
Ciò che è in ballo è un gruzzoletto sottratto con il fallimento della Agw, una delle srl dell'imprenditore campano, arrestato un anno fa per bancarotta. La valutazione circa la sorte di quei 53 milioni è ancora in corso: infatti la curatela fallimentare della Agw srl aveva chiesto con domanda al Tribunale delle Imprese che Alberto Veneruso e il suo commercialista Giorgio Di Mare risarcissero, tramite confisca dei beni, il danno arrecato alla società, calcolato appunto in 53 milioni di euro. Lo stesso Tribunale ha respinto la richiesta della curatela, accogliendo le eccezioni di Alberto Veneruso, rappresentato dall'avvocato Giuseppe Fevola. Decisione cui è seguito il reclamo della curatela su cui si attende la pronuncia del giudice.


Le controdeduzioni
In sostanza si eccepisce la necessità di attendere il giudizio penale sulle responsabilità di Veneruso prima di lasciar mettere le mani sui 53 milioni ma d'altro canto il fallimento e relativa sentenza già indicano una serie di condotte gravi e dunque secondo il curatore sussiste la necessità, adesso, di far rientrare quei soldi. Come si sa oltre alla domanda principale di confisca a carico dei beni di Veneruso e Di Mare, c'era la richiesta in via concorrente per Giuseppina Pica, Alven Service spa in liquidazione, Sfim spa (pro quota).


Cosa è accaduto alla srl
Per comprendere cosa c'è dietro questa vicenda giudiziaria ed economica è utile inquadrare la storia di Agw, una società che fu spolpata, come risulta dagli atti del processo in corso, da Veneruso e dal gruppo dei suoi fedelissimi. Sulla base del capo di imputazione il curatore Vincenzo Loreti aveva proposto l'istanza davanti alla Sezione imprese del Tribunale di Roma. Agw (già Avionteriors spa) è fallita nel 2012 e in sentenza si dice che ci fu un «abuso degli strumenti concordatari» nonché «la volontà di sottrarre la competenza al giudice naturale».
Comunque sia andata non si può dire che fu un caso isolato, anzi; ma con Agw «si voleva sottrarre la gestione del fallimento ad un ufficio giudiziario non gradito». Ma in generale tutto il percorso di quella società viene descritto come «visibilmente improntato alla illecita elusione della garanzia patrimoniale verso i suoi creditori, attraverso alchimie criminali».


Non solo soldi
La storia di Agw non è mai stata solo di tipo economico, perché proprio dagli atti del dichiarato fallimento è poi scaturita l'indagine a carico di Alberto Veneruso, Giorgio Di Mare e Giuseppina Pica, definita in atti «prestanome in intestazioni fiduciarie/fittizie di ingenti patrimoni». Quello di cui si va discutendo adesso davanti al Tribunale delle Imprese di Roma è la possibilità di recuperare i soldi sottratti in quel modo alla disponibilità di Agw che, infatti, una volta svuotata dovette necessariamente fallire con danni evidenti anche per i creditori.