Pubblichiamo di seguito l'articolo uscito questa mattina su Il Fatto Quotidiano a firma dello scrittore di Latina Antonio Pennacchi sulla vicenda del ladro ucciso in via Palermo.

"L'accertamento dei fatti ed il giudizio su ciò che è successo a Latina domenica 14 ottobre pomeriggio in via Palermo – avvocato che uccide con tre colpi di pistola un ladro, che introdottosi nell'appartamento dei genitori assenti ne sta uscendo dal balcone su una scala a pioli – sono compiti che spettano alla magistratura e agli inquirenti. Per ora – dai giornali – sappiamo solo che lui prima stava a casa sua, gli è arrivato il messaggino che a casa del padre era scattato l'antifurto e non ha pensato ad avvertire polizia o carabinieri. Ha preso la pistola – di cui aveva regolare porto d'armi – due caricatori e è andato là: "Famme andà a vedé". Secondo la sua versione ha trovato in giardino uno o due estranei che lo hanno minacciato – uno era pure armato – lui s'è messo paura, ha perso la testa e ha cominciato a sparare in aria. Dodici colpi. La polizia ha però trovato solo i bossoli suoi. E sparando sparando a casaccio, ha colpito non volendo con tre colpi alla schiena il terzo ladro che stava sulla scala. Gli altri si sono dileguati. È rimasto solo, steso per terra, quello colpito sulla scala. Ma neanche quando quello è caduto, l'avvocato ha chiamato la polizia. Ci hanno dovuto pensare i vicini, allarmati dalla serie di spari: "E che è scoppiata, la guerra?"
Per le strade e i bar, in giro per Latina, è un coro unanime: "Ha fatto bene. Doveva ammazzare pure gli altri due. Stenderli tutti e tre". E guai se ti permetti di dissentire e far notare che, in un paese civile, la reazione all'offesa o al danno che t'è stato eventualmente arrecato non può mai eccedere l'entità del danno subito: il furto è furto e l'omicidio è omicidio – neanche negli Usa di Trump, ai ladri gli danno la pena di morte – e in uno Stato democratico nessuno può farsi giustizia da solo. L'uso della forza è appunto riservato alla Forza Pubblica, è precluso ai privati. Certo va considerata anche la paura, la concitazione, l'angoscia – nessuno può prevedere cosa può passare per la testa in quei momenti – ma di quelle sostanziali distinzioni un avvocato non può non essere a conoscenza, le ha studiate per cinque anni all'università. "Ma che sei scemo?" s'arrabbia però la gente: "Tu entri in casa mia e non te posso manco ammazzà? Ma doveva fa' una strage, doveva" e li vedi che con le mani cercano anche loro frenetici nelle tasche, tante volte ci fosse un pistola per sparare subito anche a te. Poi non la trovano e ti urlano solo, mentre te ne vai: "Comunista!", pronti alle prossime elezioni a votarlo in massa – se si candida – come sindaco.
Dice: "Vabbè, ma questo si sapeva già: Latina è il Far West". Vero. Fino a ottant'anni fa non c'era nessuno da queste parti. Era un deserto paludoso-malarico e ci siamo venuti da tutta Italia e dal mondo intero – adesso – a popolarlo. È Laredo. Kansas City. E una societas armonica e civile non siamo ancora riusciti a costruirla. Siamo soltanto il Golem di una communitas. Magma incandescente. Ma mi pare che anche il resto d'Italia non stia messo tanto meglio. Tutta la destra cosiddetta populista ricalca infatti gli stessi toni: "C'è troppa delinquenza, troppa immigrazione e la gente poi deve per forza difendersi". Salvini ha dichiarato: "Io e la Lega stiamo con l'avvocato, a sua completa e totale disposizione". Per lui, tutto quello che succede dentro gli inviolabili confini del giardino di casa tua va configurato sic et simpliciter come legittima difesa: "Tu entri? Lo fai a tuo rischio e pericolo. Quello che succede, succede". Tale e quale a quelli di Latina.
E infatti pure a Latina c'è il movimento "Noi con Salvini", e non ne fanno parte solo figli o nipoti dei primi veneti colonizzatori. Anzi, ci stanno soprattutto – con tanto di manifesti sopra i muri: "Basta immigrazione" – i ciociari calabresi pugliesi eccetera eccetera immigrati dopo; tutta gente che i miei zii chiamavano, a suo tempo: "Marochini marocassi". E che adesso però non vogliono che vengano altri. Loro sì e gli altri no, in forza d'una specie di ius sanguinis acquisito attraverso usucapione. Poi dice la capoccia della gente. "Ma torna ti a Sora o Pullia o Calabria da dove te sì vegnesto, ch'at vegna ‘l peronospero impisà", avrebbero detto di sicuro i miei zii.
Il sindaco di Latina – quello per fortuna ancora in carica, però – ha dichiarato che tutti i reati in città, compresi i furti nelle abitazioni, sono calati del venti per cento negli ultimi due anni, esattamente come nel resto del Paese: "Il problema però è la percezione. Bisognerebbe capire perché, nonostante i reati calino, la popolazione pensi che invece aumentino, e vive di conseguenza nella paura".
Eh, bella domanda. Vallo a chiedere a Salvini perché. Ai miei tempi c'era un reato che si chiamava "diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico". Adesso non lo so se c'è ancora. Ma di certo c'è tuttora quello di "istigazione a delinquere". Chi semina vento – s'è sempre detto – raccoglie tempesta e se i reati calano, ma la gente ha paura, la colpa è evidentemente di chi va in giro a strillare in ogni televisione che il nemico è alle porte, anzi che è in casa e che fa bene chi gli spara appena lo vede in giardino. Si chiama correità, secondo me. Poi i giudici facessero quello che gli pare".