Nelle scorse ore il giudice di Roma ha convalidato il fermo di Senahid Sejdovic - detto "Sergio" - il 37enne d'origine bosniaca fermato dai poliziotti del commissariato di Anzio per le ipotesi di reato di concorso in omicidio premeditato aggravato dai futili motivi e rapina aggravata.
In particolare, l'uomo è ritenuto esser stato il complice di Ahmed Es Sahhal, il 32enne d'origine marocchina che avrebbe materialmente massacrato di botte e cagionato la morte - avvenuta quasi quattro giorni dopo in ospedale - di Aldo Micieli, 62enne di Nettuno aggredito lo scorso 6 novembre a Tor San Lorenzo di Ardea. Un fatto che ha già visto la convalida del fermo del marocchino - per il quale si ipotizzano i reati di omicidio, rapina, atti persecutori e lesioni personali gravissime (quest'ultima fattispecie per un altro episodio precedente al pestaggio di nove giorni fa) e che ora ha visto il giudice di Roma condividere le risultanze investigative dei poliziotti delle Squadre Volante e Investigativa del commissariato di Anzio anche per quanto concerne il presunto complice.
Un omicidio, quello di Aldo Micieli, dettato - secondo le indagini - dalla cieca gelosia di Ahmed Es Sahhal nei confronti della ex compagna: quest'ultima, infatti, era stata vista scendere dall'autobus proveniente da Ostia proprio insieme al Micieli. Dunque, una volta accertato l'allontanamento della donna, sarebbe avvenuto il brutale pestaggio: calci e pugni violenti, tali da lasciare il 62enne di Nettuno in fin di vita nei pressi del supermercato "Simply".
Un delitto atroce, dunque, con la morte sopraggiunta lo scorso venerdì all'ospedale "San Camillo" di Roma, quando i poliziotti avevano già individuato e fermato entrambi i presunti autori dei fatti.
Per quanto concerne le indagini, infine, lunedì è stata effettuata l'autopsia sul corpo di Micieli. Le risultanze verranno consegnate nelle prossime settimane in Procura da parte del medico legale.

Si chiamano Ahmed Es Sahhal, marocchino di 32 anni, e Senahid Sejdovic - detto "Sergio" -, 37enne d'origine bosniaca, i due uomini fermati a margine del brutale pestaggio, divenuto poi omicidio, di Aldo Micieli, un 62enne originario di Cosenza ma residente a Nettuno.

I fatti risalgono allo scorso 6 novembre 2017, dopo le 20.30: l'uomo italiano era appena sceso dal pullman proveniente da Ostia insieme a una donna, ossia l'ex compagna del marocchino fermato. Ad attenderlo, nascosti, i due aggressori: dopo che la donna si era allontanata è scattato il pestaggio. Botte talmente violente da lasciare il 62enne agonizzante e in fin di vita su una panchina vicina al supermercato "Simply". A trovarlo, qualche ora dopo, due suoi familiari che, chiamando sul cellulare dell'uomo, si sono visti rispondere da uno straniero che asseriva di aver massacrato il loro congiunto, indicando anche il luogo del delitto. A quel punto, senza attendere l'arrivo dell'ambulanza, è scattata la corsa in ospedale con un mezzo privato e, dal pronto soccorso del "Riuniti" di Anzio, il trasferimento d'urgenza al "San Camillo" di Roma. 

All'ospedale di Anzio, chiaramente, sono arrivati anche i poliziotti della Squadra Volante e di quella Investigativa, chiamati dai sanitari: costoro hanno rintracciato la donna che fino a poco prima del pestaggio era stata con Micieli, la quale ha riferito di aver già presentato tre querele per stalking nei confronti dell'ex compagno - lasciato proprio a causa delle continue percosse subite -, raccontando le ore precedenti all'aggressione e le molestie subite dopo aver saputo dell'esistenza di questo amico. Poi ha spiegato che dopo un'ora circa dall'aggressione il marocchino l'aveva tempestata di messaggi, raccontando quanto compiuto e lasciando intendere di essere anche in possesso del telefono dell'uomo picchiato. Addirittura, mentre la donna era in commissariato martedì mattina, l'uomo le inviava messaggi sostenendo di trovarsi nella zona di Roma Laurentina. A quel punto è scattato il piano degli agenti: è stato detto alla donna di accettare di incontrare l'uomo e l'hanno accompagnata sull'autobus. Una volta a Roma, il 32enne ha raggiunto la donna e i poliziotti lo hanno fermato e portato in carcere.

Non è tutto. Mentre la vittima dell'aggressione era in agonia nell'ospedale romano, i poliziotti - attraverso i messaggi inviati alla donna - sono riusciti a scoprire dell'esistenza di un'altra persona che, insieme al marocchino, avrebbe premeditato il pestaggio. In settimana, dunque, i poliziotti si sono messi sulle tracce di quest'uomo, raggiungendo il domicilio abituale del 32enne, nella zona di Torvajanica. Qui hanno appreso che, dopo il pestaggio, Ahmed Es Sahhal era tornato insieme a un certo "Sergio" raccontando l'accaduto. Dunque, analizzando le telecamere del supermercato di Tor San Lorenzo, i poliziotti hanno capito che si trattava del bosniaco Senhaid Sejdovic: così hanno compiuto accertamenti su di lui - gravitante nell'area di Torvajanica e Castel Romano - e si sono diretti a Roma, in zona Castel di Decima, rintracciando l'uomo e fermandolo nei pressi di un bar per poi condurlo in carcere a Velletri, dove già si trovava il marocchino.

Proprio mentre veniva fermato il bosniaco, il cuore di Micieli cessava di battere. Erano le 12.30 di venerdì e, di conseguenza, per Ahmed Es Sahhal sono stati ipotizzati i reati di omicidio, rapina, atti persecutori e lesioni personali gravissime, mentre per Senhaid Sejdovic quelli di concorso in omicidio premeditato aggravato dai futili motivi e rapina aggravata. 

di: La Redazione

Omicidio, rapina, atti persecutori e lesioni personali gravissime, questi i reati di cui dovrà rispondere E.S.A., marocchino di 32 anni, già conosciuto dalle forze dell'ordine.

E' accaduto nella notte tra il 6 e 7 novembre scorso. Quando gli agenti della polizia di Stato del commissariato di Anzio, diretto da Adele Picariello, sono arrivati in ospedale, ove era stato trasportato un uomo in fin di vita, hanno accertato che questi era stato trovato su una panchina in località Tor San Lorenzo. A trovarlo in quelle condizioni, gli stessi familiari che erano stati allertati da alcune telefonate da parte di uno straniero il quale affermava di aver appena "massacrato di botte" il loro congiunto, indicando anche il luogo. Il motivo di tale aggressione, sarebbe stata, la presunta "storia" tra la vittima e la sua ex compagna, italiana.

In realtà lo straniero, come poi accertato dai poliziotti, aveva avuto una relazione con la donna per alcuni mesi, fin quando lei, non sopportando più le continue percosse, aveva  deciso di interrompere il rapporto. Da allora, però, la situazione era degenerata, tanto da costringere la stessa a sporgere varie denunce contro l'ex. Poi, quando quest'ultimo è venuto a conoscenza di una frequentazione con un altro uomo, aveva iniziato a molestarla.

Le successive indagini da parte degli investigatori sono proseguite senza sosta, con l'escussione di tutti i testimoni della vicenda, compresa l'ex fidanzata dell'aggressore. Questa ha raccontato di aver ricevuto numerosi messaggi vocali nelle ore precedenti al fatto, sia da parte dell'ex che di un altro straniero.

Da detti messaggi è emerso, senza ombra di dubbio, che l'efferata azione criminosa era frutto dell'opera di due persone che, in accordo tra loro, avevano premeditato prima ed eseguito poi, l'atto criminale che si è concluso con il ferimento prima e poi con la morte della vittima, dopo qualche giorno.

Il primo ad essere individuato è stato proprio l'ex della donna, E.S.A., marocchino di 32 anni,  che è stato sottoposto a fermo di polizia il giorno stesso.

La successiva visione delle immagini riprese dalle telecamere dell'ospedale, da dove si vede chiaramente la presenza dei due stranieri responsabili dell'omicidio, l'escussione di alcuni testimoni che avevano notato i due camminare insieme, entrambi con i vestiti sporchi di sangue, hanno permesso agli investigatori di identificare anche il complice. Si tratta di S.S., bosniaco di 37 anni, già conosciuto dalle forze dell'ordine. Sottoposto a fermo di polizia, dovrà rispondere di concorso in omicidio premeditato, aggravato dai futili motivi e rapina aggravata.

di: La Redazione