Questa storia delle tangenti sugli appalti a Cisterna non è nuova, anzi è così vecchia che i 25 anni trascorsi dall'inizio di mani pulite sembrano essere passati invano. C'è tutto oggi, come ieri. Ci sono i soldi, tanti, in contanti, 400mila euro trovati ieri mattina dai carabinieri nel corso delle perquisizioni a tre degli indagati. C'è il consigliere comunale pizzicato con una busta contenente 30mila euro. C'è il bando di assunzione di un tecnico modificato ad hoc perché lo vincesse uno, Carmine Nocera, che di lì a poco sarà arrestato in quanto vicino al clan dei casalesi. C'è il «suono delle mazzette dei soldi buttate sul tavolo dopo il conteggio». E' una tangentopoli vera, tutta in salsa pontina. A questa prassi veniva asservito praticamente tutto. Con queste modalità, spiegate dal gip Cario nell'ordinanza: «... i risparmi di spesa per le opere pubbliche, in particolare le strade» servivano «per recuperare la tangente», ma anche i lavori complementari venivano «banditi al solo fine di gratificare l'imprenditore per gare che si era aggiudicato con ribassi importanti». E ancora: «gare pilotate per le mense scolastiche e senza scrupoli anche quando un'ispezione indicava irregolarità per la ditta assegnataria». Un paio di blitz degli investigatori avrebbero dovuto mettere in guardia, se non spaventare, la cricca di Cisterna. Invece l'andazzo sulle tangenti è continuato come se nulla fosse e questo ha consentito di raccogliere una mole di prove.
«Mi manda Frezza Filippo»
Le modalità di assunzione nella Cisterna Ambiente erano parte del sistema clientelare e delle abitudini corruttive. Come nella peggiore abitudine che attanaglia il sud del Paese, una persona chiede al consigliere Frezza la raccomandazione per far assumere il figlio dalla società dei rifiuti. Al telefono Frezza gli dice di andare a parlare con Mauro Di Stefano della Cisterna Ambiente: «... tu chiedi di Mauro Di Stefano.. e poi da soli gli dici, guarda mi ha mandato Frezza Filippo...». Nel quadro indiziario, scrive il gip, la parte pubblica spadroneggia e impone assunzioni, anche al privato, ossia alla coop di Andrea Caiazzo, un altro degli arrestati che prende in organico parenti diretti o indiretti del Frezza.
Il caffettino
Che tipo questo Filippo Frezza, spavaldo, pensa molto ai soldi, fa intrallazzi ogni giorno. E' lui che viene fermato con la prima tangente, subito dopo essere uscito dall'azienda di Raffaele Del Prete a Sermoneta e quando viene fermato dai carabinieri con i 30mila euro nella busta nascosta in macchina dice: «... è parte dell'eredità di mia madre e sto per portare tutto in banca per una consulenza». Tutto questo accade a gennaio 2016 e Frezza era andato da Del Prete dicendo che passava per un «caffettino». Il sequestro dei soldi fa placare un po' la prassi corruttiva ma... a luglio 2016 Del Prete chiamerà nuovamente il Frezza per un altro «caffè», ossia un'altra tangente. L'appuntamento, pure questa volta, è presso l'azienda di Raffaele Del Prete a Sermoneta dove, nel frattempo, i carabinieri hanno piazzato una microspia ed è lì che avviene la consegna del denaro, in quell'ufficio si sente chiaramente il conteggio delle banconote sul tavolo. Il rumore della mazzetta. I due «entrano in ufficio alle 15.12» e si percepiscono rumori sulla presenza di persone... prima si sentono i passi poi verosimilmente il rumore di un cassetto che viene aperto. Dopo si sente Raffaele che conta a bassa voce: ... cinque.. otto..., nove, dieci». Poi Filippo Frezza: «Possiamo andarci a mangiare una pizza». Più tardi, alle 19.40, il Frezza incontrerà Marco Muzzupappa.
I fondi neri
Dunque Del Prete è colui che paga il consigliere comunale. Ma chi paga Del Prete? Questo imprenditore risulta avere una rilevantissima disponibilità di denaro, grazie a cui può permettersi una Ferrari da 85mila euro e l'invio tramite un amico fidato di soldi in una banca di Lugano. Per gli inquirenti si tratta di fondi neri accantonati e dei quali risulta dalle intercettazioni che sia a conoscenza anche il fratello, Pasquale Del Prete.