Luigi Franzese da queste parti non lo conosce quasi nessuno. E’ un signore che se ne sta per conto suo in un casermone della immediata periferia urbanizzata della città. Ma tra le pieghe della proposta di sequestro dei beni di Vincenzo Zangrillo è invece descritto come la testa di ponte dei casalesi, in specie di Francesco Bidognetti, a Latina. Pure in questo fascicolo sembra un po’ fuori posto, perché gli atti contengono in larga parte le motivazioni per le quali bisognava mettere sotto chiave il patrimonio di un imprenditore del sud pontino che si ritiene sia stato messo in piedi grazie agli affari illeciti fatti proprio con pezzi dello stesso clan. Però in fondo si tratta di un documento che rimette a posto i tasselli della penetrazione di quella organizzazione criminale in tutta la provincia.