Basta guardare negli occhi marito e moglie per intuire e capire quello che hanno vissuto. Non hanno dormito, sono stanchi e provati. Non servono poi così tante parole per raccontare e ricostruire una notte da incubo, la peggiore che hanno vissuto insieme al figlio, un bambino di 12 anni. In casa, in una villetta molto curata del quartiere Q5, sono stati sequestrati da tre rapinatori: freddi, sicuri e precisi anche nei movimenti e nella strategia con cui hanno violato il sistema d’allarme per entrare a casa. «Stavamo dormendo quando hanno acceso la luce della nostra camera, è stato terribile» raccontano la donna, un avvocato molto conosciuto nel capoluogo, e il marito, professionista anche lui. I tre rapinatori si sono materializzati nel cuore della notte: erano le tre, sembravano usciti da un film dell’orrore. «Erano vestiti di scuro, avevano i passamontagna e i guanti e hanno preso un coltello della nostra cucina per minacciarci, volevano aprire la cassaforte», raccontano marito e moglie, sotto choc per quello che hanno dovuto affrontare nel corso di trenta minuti lunghissimi e che sembravano non finire più. Stando agli identikit raccolti dalla polizia, uno era robusto, un altro più basso ed esile, mentre il terzo era alto e magro. Parlavano bene l’italiano, ma tradivano un forte accento straniero, forse romeno o albanese. La banda ha messo subito le cose in chiaro. «Non vi facciamo niente, state tranquilli, state calmi e vedrete che non accadrà nulla».

Tutto nell'edizione di Latina Oggi del 4 giugno 2016