Cinquecento e non vederli. Ma sentirli. Un po’ spiarli. Qualche volta sparargli contro, così a salve, per farsi sentire.
Sono i richiedenti asilo che in parte già erano ospiti in provincia e in altra (larga) parte sono arrivati nelle ultime due settimane (oltre cento).
A seguirli non si sono avute troppe proteste però non è mancato del razzismo d’ordinanza: a Minturno hanno affisso uno striscione che li definisce sgraditi; a Borgo Sabotino le stesse frasi erano apparse già un paio di mesi fa quando è stata annunciata la possibile emergenza per l’arrivo di nuovi profughi; a Santi Cosma e Damiano hanno sparato (casualmente) contro una struttura di accoglienza.
E va avanti così senza troppo clamore ma senza che sia cambiato molto rispetto al passato.
Segnali sporadici eppure simbolici di un’integrazione complicata e di una rete di accoglienza che si muove silenziosa perché una brutta frase razzista o un sit in di protesta sono sempre «in agguato».
In realtà a latere delle proteste contro «gli immigrati» genericamente classificati c’è un sistema di volontariato diffuso che travalica anche i confini e le competenze dell’accoglienza provinciale.

Il servizio completo in edicola con Latina Oggi (25 giugno 2016)

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