Le intercettazioni telefoniche rappresentano la spina dorsale dell’inchiesta. Lo dice il giudice Laura Matilde Campoli nelle motivazioni del processo Don’t Touch per i nove imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. «I fatti hanno tratto origine da una intensa attività criminosa posta in essere nel capoluogo pontino da parte di una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati di diversa indole tra cui usure ed estorsione, detenzione di droga e di armi. Gli indizi raccolti - aggiunge il giudice nelle motivazioni - nel corso delle intercettazioni telefoniche e ambientali possono costituire fonte diretta di prova di colpevolezza degli imputati e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni».

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