Un curriculum criminale di tutto rispetto, relazioni proibite e un patrimonio spropositato rispetto ai redditi dichiarati. Su questi elementi si è fondata la decisione del Tribunale di Latina di confiscare i beni di Maurizio De Bellis e di applicare al pregiudicato la misura della sorveglianza speciale. E nel decreto redatto dal giudice Pierfrancesco De Angelis, lo stesso che ha presieduto il collegio giudicante nel troncone principale del processo Don’t touch, spunta nuovamente fuori la figura di Costantino Cha Cha Di Silvio, inquadrato come uno dei più pericolosi criminali pontini.
Cha Cha viene descritto come “esponente di primo piano della criminalità pontina e capo di un’associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e all’usura”. Per De Bellis hanno così pesato gli incontri con quest’ultimo, oltre che con altri pregiudicati di Latina, da Massimo Tramontano ad Alessandro Radicioli, ucciso il 29 ottobre 2013, fino a Celestino Usai. Ma per quanto riguarda appunto Costantino Di Silvio il giudice De Angelis va anche oltre, specificando che la pericolosità sociale della “Balena bianca”, come veniva indicato De Bellis nell’inchiesta antidroga condotta dai carabinieri, emerge appunto dalla frequentazione del 49enne «con i più pericolosi criminali pontini, tra tutti Di Silvio Costantino». L’esponente della famiglia nomade che è spuntato fuori in tutte le recenti inchieste, da «Don’t touch» a «Olimpia», fino «Starter», accusato di affari criminali e di ruoli dubbi attorno al Latina Calcio, facendo finire anche l’onorevole Pasquale Maietta nei guai, finisce così al vertice del crimine locale.
Tornando poi a De Bellis, i giudici hanno esaminato i precedenti del 49enne partendo dal 1982, quando venne denunciato con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ai furti. Nel 1992 il pregiudicato venne invece arrestato per tentato omicidio e nel 1998 per spaccio di droga. E ancora: nel 1999 altra denuncia per spaccio, nel 2005 altro arresto per lo stesso reato e, nel novembre 2013, un altro arresto ancora per gli affari con la droga, quello compiuto nell’ambito dell’inchiesta «Balena bianca». Peso notevole è stato poi dato al fatto che il 49enne ha accumulato un notevole patrimonio, fatto soprattutto di immobili, senza mai aver avuto un lavoro stabile, salvo per tre mesi dopo l’ultima scarcerazione.
Il Tribunale ha inoltre dato rilevanza allo droga venduta da De Bellis a diversi giovanissimi. «A seguito dell’installazione di videocamere all’esterno della sua abitazione - si legge nel decreto - gli inquirenti hanno potuto riprendere i suoi incontri con soggetti di giovane età, ai quali cedeva quasi quotidianamente sostanza stupefacente, mentre dalle intercettazioni sulla sua utenza, nonché dalle “ambientali” all’interno delle vetture a lui in uso, e all’interno di quelle in uso ai suoi sodali, è emersa con non comune chiarezza la compravendita di almeno un chilo di hashish e soprattutto la costante compravendita di quantitativi non contenuti di diverse qualità di stupefacente». Di più: «Si pensi all’enorme danno derivante dall’attività di spaccio verso i giovani costantemente realizzata». Indagini che hanno portato il giudice De Angelis a sottolineare che il 49enne è un «soggetto che trae dalla ripetuta attività di spaccio la fonte quasi esclusiva del suo guadagno e che pertanto è indubbiamente pericoloso».
Per quanto riguarda infine la confisca dei beni, il Tribunale ha sostenuto che i redditi dichiarati dalla «Balena bianca» non sarebbero stati sufficienti ad acquistare tutti quegli immobili e neppure «a far fronte alle quotidiane esigenze di vita», redditi per cui una famiglia di cinque persone non solo non è in grado di fare investimenti «ma non è in grado addirittura di sopravvivere».
Patrimonio dunque nelle mani dello Stato e tre anni di sorveglianza speciale.