Un sentiero della legalità al posto degli ecomostri di via del Sole, simbolo dello scempio ambientale del “Sacco del Circeo”. Questa l’idea lanciata dal direttore del Parco nazionale del Circeo Paolo Cassola, con l’ente che ha finanziato gli abbattimenti degli scheletri attuato dal Comune di San Felice dopo 40 anni di diffide, ordinanze ignorate e vicende giudiziarie. L’obiettivo che si vuole perseguire con la creazione di questo sentiero - la proposta verrà fatta a Comune, ministero e mondo dell’associazionismo - è quello di sensibilizzare le persone, specie i giovani, alla tutela del territorio. Ricordando con delle foto esplicative la trasformazione irreversibile del territorio che stava avvenendo negli anni Settanta e che fortunatamente è stata bloccata. E quale esempio migliore di uno dei casi più eclatanti di quell’assalto edilizio al promontorio passato alla storia come “Sacco del Circeo”? In via del Sole - e il Comune nel ‘73 aveva rilasciato i permessi a costruire salvo poi ritirarli tre anni dopo - dovevano sorgere 21 appartamenti divisi in quattro nuclei separati. Le strutture denominate “A, B, C, D” ai fini della demolizione. In totale, un mare di cemento: 100mila metri cubi. Ma degli ecomostri è stato realizzato solo il rustico, visto che l’ente ha ritirato le concessioni edilizie nel 1976 e poi è scoppiata la vicenda giudiziaria, con diversi cantieri sequestrati. Ma da allora la storia di questi “scheletri” si è trascinata fino al 2016, anche se la loro sorte era segnata dal 2010, anno in cui il Tar di Latina - che nel 2000 aveva accolto la sospensiva bloccando le prime demolizioni - aveva dichiarato perento il ricorso della società “Acantos”, che aveva trascinato in tribunale il Comune impugnando l’atto con cui si dichiarava improcedibile l’istanza di condono. Un ulteriore freno agli abbattimenti è stato rappresentato dalla burocrazia. Nel 2011 il Comune ha acquisito le aree ai fini della demolizione e il Parco, grazie a un fondo ministeriale volto a reprimere l’abusivismo nelle aree protette, ha finanziato i lavori. Ma gli intoppi sono stati parecchi. Prima alcuni problemi con il trasferimento delle somme tra i due enti, poi un aumento imprevisto dei costi coincidente con la dichiarazione di dissesto finanziario. Una procedura travagliata che si è conclusa nel 2015 con gli ultimi abbattimenti. Ma di “scheletri” nell’area protetta ce ne sono ancora parecchi. Alcuni dei quali, essendoci sentenze definitive, hanno ormai le ore contate.