Adesso è ufficiale il Comune di Latina ha chiesto la restituzione di poco meno di tre milioni di euro alle imprese che hanno costruito sul verde pubblico nel quartiere Q1, il cosiddetto quartiere dei vip. La delibera appena pubblicata ricorda la motivazione per la quale si chiede la restituzione dei soldi e cioè per quanto è emerso nel corso della conferenza di servizi svoltasi ad inizio anno e alla quale venne invitato anche l’ufficio espropriazioni; si doveva valutare la proposta della società «Torre La Felce» di realizzare un parcheggio su un’area insistente nel piano di zona 167 del quartiere Q1 Occidentale; ma durante la discussione emerse che l’area oggetto di intervento, «insieme ad una più ampia superfice di circa 71.630 metri quadrati» era di proprietà del Comune in quanto espropriata nel 1979! Di più: in seguito ad ulteriori verifiche si è scoperto altresì che alcune aree cedute al Comune nell’atto di convenzione per la lottizzazione «erano già di proprietà dell’ente» e su quelle aree fu costituito un comparto edificatorio, cioè le case. Il 7 maggio 1998 «venne stipulata la convenzione urbanistica che, tra l’altro, determinò la fittizia cessione delle aree... attesa la proprietà delle stesse da parte dell’amministrazione, la quale assentì la realizzazione dei plessi edilizi tutt’oggi esistenti sulle aree in questione». In pratica questi spazi sono stati «occupati abusivamente» con le palazzine dai titolari delle concessioni e adesso si procede con il recupero ufficiale del danno subito dall’ente, circa tre milioni appunto, ferma restando la necessità inevitabile di ricercare anche le responsabilità penali quantomeno omissive in una storia che ha dell’incredibile. Ma che, purtroppo, non è isolata in città. Secondo i calcoli riportati nella delibera vanno restituite, in base alla rivalutazione, le seguenti somme: per il lotto A 521mila euro, per il lotto B361mila euro, per il lotto C 297mila euro, per il lotto D 137mila euro, per il lotto E 237mila euro, per il lotto F 237mila euro. Lo scandalo originario delle aree espropriate e regalate ai privati e «gentilmente» concesse nelle piccole parti residuali allo stesso Comune è rimasto sepolto nei cassetti dell’ente per quasi 40 anni. E per una beffa del destino è riemerso proprio su domanda della società Torre la Felce. Tutto per un parcheggio.