La coda dei se e dei ma che accompagna i commenti attorno alla morte dell’avvocato Paolo Censi non darà pace ad alcuno di coloro che vorranno insistere a cercare una risposta. Paolo è stato uno di quelli che hanno avuto dalla vita tutto quello che un uomo possa desiderare, dall’educazione impeccabile alla bellezza dell’animo, dalla sensibilità all’intelligenza, ma il suo modo di andarsene testimonia ancora una volta quello che tutti crediamo di sapere, che nulla può bastare a colmare il vuoto che avvertiamo dentro, se lo avvertiamo. Possiamo soltanto domandarci se a istigare Paolo possa essere stata l’aria di sobria ipocrisia che immancabilmente accompagna le festività e che finisce per mettere alle corde chi cerca sostegno e forza nell’autenticità delle cose e dei comportamenti. Lui sapeva essere autentico, ed era anche sufficientemente forte per tollerare la superficialità e la pochezza altrui senza darlo a vedere, senza mai farlo pesare. Se non a se stesso, cercando sempre di proteggere chi gli era caro e caricandosi di un bagaglio di cui forse ha voluto liberarsi con un gesto che richiede una energia, una forza ed una lucidità estreme. E’ stato il suo ultimo esercizio di vita, ed anche un dono immeritato per noi che restiamo a testimoniare del suo coraggio e della sua capacità di arrivare a fine corsa a testa alta e col sorriso di sempre, malgrado quel vuoto da cui non ha voluto lasciarsi sopraffare e che ha scelto di estinguere portandolo con sé. Da solo.