L’operazione Don’t touch ha portato alla luce uno spaccato della criminalità locale, ma non può essere considerato ancora un’indagine chiusa. Soprattutto per quanto concerne l’evento scatenante, ossia la gambizzazione del tabaccaio di via dei Mille. Proprio in questi giorni si sta giocando infatti una partita determinante: dopo l’affidamento dell’incarico da parte della Procura, nella mattinata di ieri la Squadra Mobile ha consegnato nelle mani di Martino Farneti, esperto di balistica forense, due pistole considerate nella disponibilità dei fratelli Travali e una delle quali compatibile proprio con i bossoli trovati sul luogo della gambizzazione dell’agosto 2014. Parliamo delle due semiautomatiche trovate in casa di una pensionata che le conservava proprio per conto dei fratelli rom. Il perito dovrà stabilire se a fare fuoco sia stata proprio l’arma sulla quale si concentrano i sospetti degli investigatori.
I rilievi balistici sono di primaria importanza nell’ambito dell’operazione Don’t touch perché potrebbero assegnare la paternità di un atto, gli spari nel tabacchi, che proverebbe una volta per tutte la capacità di intimidazione dell’organizzazione criminale sgominata dalla polizia. Le prime indagini avevano subito permesso di accostare l’attentato alla famiglia Travali. Prima di tutto perché la vittima, il tabaccaio Marco Urbani, aveva denunciato per estorsione la madre di Angelo e Salvatore, Mariagrazia Di Silvio, portando a una condanna che l’aveva rispedita dietro in carcere. E poi perché sul maxi scooter utilizzato dallo sconosciuto che ha sparato, e trovato abbandonato poco lontano, erano state trovate tracce organiche compatibili con il profilo genetico di una sorella dei Travali.
Tra l’altro durante l’indagine, quando la stampa locale aveva accostato quell’evento proprio ai fratelli rom, in una conversazione intercettata all’interno dell’auto dello zio Costantino Di Silvio detto Cha Cha, era stato proprio Salvatore Travali a dire al fratello Angelo: «Guarda che così mi ti sputtani eh... hai sparato a uno». Manca però la prova regina: la pistola che ha fatto fuoco. E i sospetti della Squadra Mobile si concentrano su una delle due armi trovate in estate nella casa dell’anziana residente al lotto 46 perché si tratta di una Beretta in uso alle forze dell’ordine, quindi rubata, proprio come i bossoli calibro 9x19 impiegati per la gambizzazione. Un calibro molto meno comune del classico 9x21 vista la provenienza.
Il perito effettuerà prove di sparo per poi confrontare i segni lasciati sul bossolo e le rigature impresse sull’ogiva con quelli degli elementi raccolti nel tabacchi.