Curiosamente Giorgio Albertazzi se n’è andato nel momento in cui a Latina non sarebbe potuto tornare, con la chiusura temporanea del Teatro D’Annunzio. E sì che gli piaceva non solo il calore del nostro pubblico, ma anche la città stessa. Da buon architetto era rimasto colpito dalle sue linee, le grandi piazze, i monumenti, «uno dei pochi esempi di vera architettura italiana», come aveva dichiarato durante una conferenza stampa. Ci aveva abituato alle sue presenze costanti, quasi ogni anno era ospite fisso della stagione di prosa del D’Annunzio, aveva regalato anche un debutto in prima nazionale con lo spettacolo ‘Amleto ed altre storie’, nel novembre del 2011. Generoso fino alla fine, proprio a Latina aveva deciso nel gennaio dell’anno scorso, già 91enne, di calcare lo stesso il palcoscenico, e da solo, malgrado la defezione all’ultimo momento della commedia ‘Re Lear’. Uno spettacolo improvvisato, una serata memorabile da ultimo autentico mattatore della scena, un paio d’ore infarcite di aneddoti tratti dalla sua lunga carriera di artista e di ricordi legati alla giovinezza in Toscana, intervallati da poesie e monologhi recitati senza sbavature né vuoti di memoria, e soprattutto con leggerezza. Sì, perché il suo stile attoriale corrispondeva al termine anglosassone ‘play’ e all’omonimo tedesco ‘spielen’, per i quali il verbo recitare s’identifica con il gioco. Un puro divertimento che il pubblico avvertiva anche nei momenti di alta tensione drammaturgica, dove Albertazzi non caricava mai il personaggio, dandogli sempre la giusta enfasi. I nostri ricordi personali sono legati ai tanti camerini dove il Maestro ci ha sempre accolti alla fine degli spettacoli non rifiutando mai un’intervista, sia a Latina, a Roma che a Tivoli (dove vedemmo la magistrale interpretazione de ‘Le memorie di Adriano’, suo cavallo di battaglia per tanti anni e al fianco dell’attrice di Priverno Fiorella Rubino), nonostante la stanchezza accumulata e, a volte, la contrarietà di qualche suo agente. «Lo ricorderemo per sempre per quella originale cerimonia teatrale nella quale officiava, avvolto in una candida toga romana, un mirabile omaggio all'imperatore Adriano adattando il romanzo della Yourcenar», ha commentato a caldo il direttore artistico del Teatro di Roma Antonio Calbi. A noi piace soprattutto ricordare la sua grande passione per il teatro, trasmessa ad intere generazioni di spettatori, che traspare magnificamente in queste parole che ci disse a proposito della genesi di ‘’Amleto ed altre storie’: «E’ l’idea che avevo da tanto tempo, di uno che entra in un teatro di notte. Che succede in un teatro di notte quando non c’è pubblico né luci? Ci sono fantasmi, voci, echi di cose passate, personaggi, attori passati da lì…»