Polpa gialla, come la sua buccia. E’ questa la principale caratteristica del «Biondo», la tipica arancia di Fondi. Qualità tardiva, diventa dolce ad aprile-maggio. E quando diventa dolce, sprigiona un profumo intenso ed è molto saporita. Ma s'imbruttisce molto: la buccia si stacca leggermente dalla polpa, si gonfia e si riempie di bozzi. Oggi la sua coltivazione rischia di scomparire, di essere sostituita totalmente da altre varietà (cosa in parte già avvenuta negli anni Ottanta) più precoci e senza semi. In passato, invece, questa arancia ha fatto la fortuna dei coltivatori e dei commercianti del posto. «Il ‘biondo’ – ha scritto Damiano Pasciuto, referente statistico per lo Sportello agricolo di zona di Fondi, nella scheda identificativa del prodotto redatta il 27 febbraio 2006 – si coltiva a Fondi dal XVIII secolo. I suoi aranceti hanno caratterizzato il territorio e vennero descritti dai famosi viaggiatori dell’Ottocento che attraversarono Fondi seguendo la via Appia». In particolare, l’area interessata da questa coltura è San Magno, un’area che ha preso il nome dall’omonima antica abbazia. «Secondo la tradizione locale – ha ricordato Pasciuto – si attribuisce proprio ai monaci l’introduzione di questo arancio: furono i primi a sperimentarne l’estrema adattabilità nel territorio prospiciente l’abbazia. Ancora oggi si raccolgono qui le migliori arance dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche». Gli altri comuni pontini in cui si coltiva sono Formia, Monte San Biagio, Castelforte (la frazione di Suio), Gaeta e Sperlonga. Negli anni ’30, dai dati pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, risultava che nella provincia di Latina si producevano 133 mila quintali di agrumi, pari all'1,50% dell’intera produzione agrumicola italiana. Di questi 133 mila quintali ben 97.300 provenivano da Fondi: si trattava quasi esclusivamente di arance, 95 mila quintali per l’esattezza. Oltre che quella dolce, si coltivava anche la qualità amara, oggi quasi del tutto scomparsa dagli agrumeti locali.
Erano comunque tutte arance appartenenti alla varietà «il biondo». Oggi invece questa varietà rappresenta soltanto una percentuale marginale dell’intera produzione agrumicola.
Tra gli agrumeti superstiti - ha segnalato Pasciuto - c'è quello del giardino dell’antica villa Rubino di Formia, che si estende su una superficie di un ettaro, e quello di mille metri quadrati dell’Hotel Villa Irlanda di Gaeta.
Oltre che sane, i fondani vendevano anche le arance di «casco», ossia quelle che cadevano dagli alberi a causa del vento e della pioggia.
Le vendevano alle industrie della distillazione e l’essenza prodotta era usata in saponeria.