Avere un tumore al seno e doversi sottoporre a cure specialistiche e che hanno bisogno di tempi tempestivi, che possono anche significare riuscire a vincere la battaglia contro il cancro. La storia di una 50enne di Terracina, che ha scoperto un anno fa di essere affetta dalla grave patologia oncologica, è quella di tanti altri degenti. Ma troppe volte le cure diventano un’odissea e il suo è uno dei tanti casi seguiti da vicino dal tribunale dei diritti del malato. Ogni sei mesi - spiega il referente Vincenzo Avena - la paziente ha bisogno di eseguire accertamenti specifici ma i tempi della sanità pubblica non corrispondono a quelli previsti dalle cure. Si danno appuntamenti a otto, anche dieci mesi. Eppure se ci si rivolge a privati a pagamento il posto si trova subito.
Avena spiega la trafila da seguire. Il medico curante prescrive l’esame, il paziente si rivolge al medico di famiglia il quale a seconda dell’urgenza dovrebbe contattare il numero verde 800.986867. Da qui si può avere accesso al servizio richiesto entro le 72 ore: un’opportunità che la Regione offre e che consiste nel trovare il primo posto disponibile nel Lazio. Ma non da tutti viene sfruttato senza considerare che - spiega il referente del tribunale - questo prevede comunque costi aggiuntivi perché le casse pubbliche in quanto il paziente di una Asl viene preso in carico da un’altra Asl. «Sarebbe opportuno ricondurre tutto a livello provinciale per risparmiare e per evitare viaggi costosi e dannosi per la salute dei pazienti». A Latina la situazione è complicata anche perché i macchinari all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina sono obsoleti. «Grazie all’operosità e alla professionalità del personale medico si riesce a garantire un servizio che però avrebbe bisogno di investimenti». Il caso della 50enne (che adesso ha compiuto il ciclo di accertamenti ma che fra pochi mesi si ritroverà a dover affrontare di nuovo l’odissea) è emblematico anche sotto un altro punto di vista. Nel cercare un ambulatorio in cui eseguire una mammografia urgente, si è vista prospettare la possibilità di sottoporsi all’esame in un ambulatorio sull’isola di Ponza. Il che avrebbe significato prendere un traghetto, accollarsi una traversata in mare con tutte le conseguenze che un degente oncologico può avere. «In questo modo - conclude Avena - non si rispettano i diritti del malato, violando il diritto alla salute sancito dalla Costituzione». A patto che non si accetti il fatto che i degenti debbano trovarsi sempre nella condizione di scegliere tra una visita puntuale ma a pagamento e una prestazione fornita sì dalla sanità pubblica, ma con tempi lunghi.