La conferenza stampa convocata da Vincenzo Malvaso, a 48 ore di distanza dalla sua scarcerazione disposta dal Riesame, si è appena conclusa e il politico-imprenditore, indagato nell'inchiesta "Olimpia" e ritenuto dagli inquirenti parte di un'associazione per delinquere, ha sostenuto di aver agito sempre correttamente, di non aver sfruttato per interessi privati il suo ruolo di pubblico amministratore e, dopo quel che ha vissuto, di aver deciso anche di lasciare la politica, avendo "pagato troppo" e avendone ricevuto "solo danni". Un incontro con i giornalisti in cui l'ex consigliere comunale di Forza Italia, insieme al suo difensore, l'avvocato Renato Archidiacono, non si è sottratto alle molte domande dei giornalisti. E proprio l'avvocato Archidiacono ha più volte affermato che il Riesame, annullando l'ordinanza di custodia cautelare, ha annullato l'ipotesi associativa e anche quella di falso legata ai piani con cui il suo cliente ha realizzato l'ormai nota palazzina a Borgo Piave, dimostrando così che Malvaso mai sarebbe dovuto andare in carcere, che sul fronte urbanistico oggetto dell'inchiesta "Olimpia" non sono stati compiuti reati e che tutto ciò potrebbe incidere anche nel giudizio relativo proprio alla variante Piave. "Forza Italia è qualcosa che non mi appartiene più - ha esordito Malvaso - e penso ormai di uscire dalla politica. Ho pagato troppo e la politica mi ha fatto solo danni". L'ex consigliere comunale ha quindi dichiarato che a suo avviso non c'è stata alcuna forma di malaffare a Latina attorno all'urbanistica e che la stessa Regione, inizialmente, aveva sostenuto che i Ppe dovevano essere approvati in giunta e non in consiglio comunale. Da lì la spiegazione sull'intercettazione in cui la dirigente comunale Alessandra Pacifico dice di aver ricevuto da Malvaso l'incarico di recarsi alla Pisana e far saltare il tavolo sui Piani. "Dissi questo perché dopo l'indirizzo dato dalla Regione, quando la dottoressa Pacifico disse che la stessa Regione stava cambiando le carte in tavola e allo stesso tempo sosteneva che non avrebbe comunque annullato i piani, ma dato solo un parere consultivo, ritenni che continuare ad andare lì fosse una perdita di tempo". E l'intercettazione in cui dice che il sindaco Giovanni Di Giorgi deve rimettere le cose a posto altrimenti poteva andare aff...? "Con Di Giorgi l'esperienza non è iniziata bene, Forza Italia è entrata in giunta dopo otto mesi, tra l'altro l'urbanistica, oltre che di Di Rubbo, era materia del prof Campo, che insisteva sui Piani da approvare in giunta, e quando il sindaco disse che qualcuno lo tirava per la giacchetta tolse a Forza Italia la dignità. La gente pensava che eravamo noi, mentre noi gli dicemmo che se qualcuno lo faceva doveva denunciare tutto in Procura, che sull'urbanistica poteva fare quel che credeva più opportuno, ma che si doveva discutere sul cimitero, da far tornare come gestione al Comune, e sul futuro della Latina Ambiente. In consiglio comunale anche De Marchis, del Pd, affermò che i Ppe dovevano essere trattati dalla giunta. Di Giorgi poi andò anche a parlare con l'assessore regionale Civita per far ricadere le colpe di tutto quel che stava accadendo sull'urbanistica e ciò non era accettabile". Giudizio severo quello del politico-costruttore sull'ex sindaco, tanto che si è detto pentito di aver fatto cadere la giunta Zaccheo. "Tutto questo - ha sostenuto - con Zaccheo non sarebbe mai accaduto. La Procura non può sostituirsi alla politica". E i rapporti con Maietta, le minacce che, intercettato, Malvaso diceva stesse facendo l'onorevole? "Parlavo di minacce politiche. Maietta voleva che non facessimo cadere la giunta, diceva che eravamo servi di Fazzone, pezzi di m..". Infine c'è stato spazio anche per vicende più intime, come quella che dopo l'arresto l'unica telefonata da parte di esponenti di Forza Italia alla famiglia di Malvaso sarebbe stata quella del senatore Claudio Fazzone. "Ha detto - confida l'ex consigliere - che aveva letto le carte e di stare tranquilli che non c'era alcun reato". Un cenno anche all'ex candidato sindaco Nicola Calandrini: "I rapporti si erano incrinati anche con lui. Lui era stato venti anni in Forza Italia, sapeva chi siamo e che non agiamo per interessi personali". Infine le lacrime. Un pianto liberatorio dopo aver ricordato i 15 giorni in carcere. Il falco azzurro che si scioglie.