Roma, 28 gen. (Adnkronos Salute) - I casi di pubertà precoce o anticipata osservati nel semestre marzo-settembre 2020 in Italia sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2019. Lo dimostra uno studio osservazionale coordinato dall’ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha coinvolto i centri di Endocrinologia pediatrica dell’ospedale Gaslini di Genova, del Policlinico Federico II di Napoli, dell’ospedale pediatrico microcitemico di Cagliari e della Clinica pediatrica ospedale di Perugia.

L’inizio della maturazione sessuale prima degli 8 anni nelle bambine (e prima dei 9 anni nei maschi) viene identificata come pubertà precoce ed è annoverata tra le malattie rare. In Italia riguarda da 1 a 6 nati ogni 1.000. Se la diagnosi interviene prima degli 8 anni è possibile usare dei farmaci per rallentare la pubertà.

In Italia, nel 2020 sono stati rilevati in totale 338 casi contro i 152 dell’anno precedente, con un aumento pari al 122%. Il fenomeno ha interessato soprattutto bambine intorno ai 7 anni di età. Lo studio, pubblicato da 'Endocrine Connections', conferma i numeri della precedente ricerca del reparto di Endocrinologia del Bambino Gesù, guidato da Marco Cappa nell’ambito dell’Unità di ricerca di terapie innovative per le endocrinopatie (Italian Journal of Pediatrics 2021) e prova a gettare luce sulle cause. Attraverso interviste telefoniche alle famiglie dei pazienti sono stati raccolti i dati necessari per valutare anche i possibili fattori predisponenti.

Nel nuovo studio multicentrico, il maggiore aumento dei casi è stato osservato nelle bambine (328 pazienti nel 2020 contro 140 nel 2019, con un incremento del 134%) e soprattutto nella seconda metà del periodo di osservazione (92 bambine tra marzo e maggio rispetto alle 236 bambine del periodo tra giugno e settembre 2020, con un incremento del 156%). Non è stato invece rilevato un aumento significativo dei casi nei maschi (10 pazienti nel 2010 contro i 12 del 2019).

"Al momento - afferma Carla Bizzarri, pediatra endocrinologa del Bambino Gesù che ha coordinato lo studio - non abbiamo spiegazioni per questa differenza tra i sessi. Sappiamo però che la pubertà precoce è molto meno comune nel maschio rispetto alle femmina ed è più spesso il risultato di mutazioni genetiche predisponenti o disturbi organici dell'asse ipotalamo-ipofisario. Possiamo ipotizzare - spiega Bizzarri - che l'impatto di fattori scatenanti ambientali, quali quelli correlati alla pandemia, sia meno significativo sui tempi della pubertà maschile".

L’età media delle bambine osservate per pubertà precoce - rileva lo studio - è intorno ai 7 anni (senza differenze tra il 2019 e il 2020). Confrontando le popolazioni del 2019 e del 2020 non si evidenziano differenze significative dei parametri clinici e auxologici (ovvero peso, altezza, Bmi cioè l’indice di massa corporeo, peso alla nascita, età di inizio dei sintomi). In particolare, a differenza di quanto ci si sarebbe atteso dopo il primo lockdown del 2020, non è stato osservato un aumento significativo del peso e quindi del Bmi. Mentre risulta un aumento significativo dei casi di pubertà precoce a rapida evoluzione, cioè di quelli che richiedono una specifica terapia farmacologica (135 su 328 bambine osservate nel 2020 a fronte di 37 su 140 bambine osservate nel 2019, con una forbice di incremento dal 26% al 41%).

Dalle interviste alle famiglie delle bambine con pubertà precoce riguardo le abitudini alimentari e lo stile di vita, è emerso un aumento significativo dell’uso dei dispositivi elettronici (PC, tablet, smartphone) nel 2020 riconducibile all’introduzione della Dad (raramente usata nella scuola primaria prima del 2020), insieme alla persistenza del loro uso per lo svago nel tempo libero. Un uso maggiore dei dispositivi elettronici, d’altra parte, è stato rilevato, già nel periodo precedente la pandemia, nelle bambine a cui è stata diagnosticata una pubertà precoce a rapida evoluzione nel 2020.

Il primo lockdown del 2020 - evidenzia lo studio - ha provocato anche una drastica riduzione dell’attività fisica praticata da bambini e ragazzi, a causa del forzato confinamento domestico. In particolare, nel sottogruppo con pubertà precoce a rapida evoluzione del 2020, è stato rilevato uno stile di vita più sedentario, già evidente prima della pandemia. Più della metà delle famiglie delle pazienti osservate nel 2020, infine, ha riferito di cambiamenti nel comportamento (59%) e segnalato un aumento rilevante di sintomi correlabili allo stress (63%).

Anche se non è possibile definire un sicuro nesso causale - sottolineano i ricercatori - i risultati suggeriscono che un evento stressante (come il primo lockdown del 2020) possa aver innescato una precoce attivazione puberale in soggetti predisposti a causa di uno stile di vita più sedentario già evidente prima della pandemia. "Lo stress - spiega Bizzarri - potrebbe agire come un fattore scatenante più potente sui neuroni che secernono l’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale GnRH nelle ragazze con ulteriori fattori di rischio, come uno stile di vita sedentario e un eccessivo uso di dispositivi elettronici già evidenti prima della pandemia. La verifica di questa ipotesi - conclude - apre interessanti prospettive di sviluppo per la ricerca clinica nel campo della pubertà precoce dei prossimi anni".