«Per me il concerto è di gran lunga più semplice ed accessibile, mentre il monologo rappresenta una sfida enorme ed è molto impegnativo, con un'emotività e una concentrazione completamente differenti. È così profondo quello che sto facendo adesso da non lasciarmi spazi, mentre la musica è piena di possibilità, di vie d'uscita». Con queste parole Paola Turci esprime il suo stato d'animo durante le prove di ‘Mi amerò lo stesso', lo spettacolo che debutterà in prima nazionale il 20 novembre al Teatro Moderno di Latina, nel primo dei fuori abbonamento della stagione di prosa 2022/23 diretta da Gianluca Cassandra. Per i fan abituati all'energia, grinta, determinazione e sensualità che sprigiona sul palco musicale, l'artista romana offrirà sola in scena un'immagine più intima e raccolta, un'imperdibile occasione per emozionarsi con i suoi autentici racconti di vita accompagnati a tratti dalle note della chitarra.
«Latina città mi manca, è il debutto assoluto di questo monologo teatrale - spiega al telefono Paola Turci - la cui prima versione, con un'altra regia, nacque nel 2016 tratta dal mio omonimo libro autobiografico, ma questo nuovo allestimento è totalmente diverso. È un monologo narrativo, racconto me stessa mettendo a nudo la mia storia sin dall'infanzia, tra il serio ed il faceto. Racconto una me strana, bambina che nasce e cresce con l'amore per la musica, che per me ha una valenza dominante in questo spettacolo, serve per la narrazione. Non è un concerto ma ci sono dei momenti in cui canto: senza voler spoilerare c'è una specie di concerto che poi di fatto non lo è, all'interno di un monologo teatrale. In scena avrò due chitarre, una dell'intimità e una del concerto, la scenografia è veramente essenziale, è la mia casa, il posto che abito e che intitolai in uno degli ultimi dischi, è il mio secondo cuore, cioè la musica. Un piccolo spazio dove però c'è il mondo dentro, c'è la mia vita, la mia storia, la mia musica».
Ho letto che si definisce un'eterna adolescente.
«Non ricordo di averlo detto, comunque coltivo e presto molta attenzione alla bambina che è in me, la ritengo un bene prezioso da quando la musica è diventata un lavoro, perché quella bambina innamorata della musica penso che sia la parte migliore, in fondo credo di ognuno di noi».
Lo spartiacque della sua vita è stato il brutto incidente d'auto...
«Prima volevo essere diversa perché mi sentivo normale, dopo l'incidente il contrario. C'è stata un po' d'inquietudine sia nel prima che nel dopo, quest'ultimo si è risolto certamente con questo amore per me stessa, nonostante tutto».
È un po' il manifesto di ‘Fatti bella per te', il suo brano di successo a Sanremo 2017, alla ricerca dell'autostima.
«In effetti quella canzone ma soprattutto il libro che ho scritto, ‘Mi amerò lo stesso', mi ha dato la possibilità di uscir fuori dal mio guscio, dall'insicurezza, dalla paura di non riconoscermi, di farmi vedere per quello che sono, senza nascondermi in nessun modo e senza orpelli. Debbo dire che questo gesto è stato apprezzato, più che altro condiviso, mi ha fatto molto piacere dandomi il coraggio di crederci fino in fondo. La conferma che ho fatto bene».
Una veterana a Sanremo: nove apparizioni e tre premi della critica, niente male.
«L'ho iniziato nel 1986, per me Sanremo è il mio calendario della vita (ride ndr) perché attraverso gli anni di partecipazione scandisco il tempo, mi ricordo le canzoni, i momenti, gli incontri, è tra le emozioni più grandi vissute. In tutte le edizioni, nel bene e nel male, Sanremo è molto di più di un'apparizione tv a fini promozionali: è la mia vita. Io sono una cantante italiana, perciò per me Sanremo rappresenta tutto, e farlo ogni volta è sempre una sfida, un incontro con il proprio destino».
Le sue canzoni come le scelte di vita sono un viaggio alla scoperta di sé stessi nel proprio profondo, per conoscersi senza preclusioni di alcun genere.
«Mi auguro che ognuno di noi possa fare quei passi importanti, fondamentali di scoperta del sé. Se non lo si fa durante la vita, che senso ha vivere? Per sposarsi, fare dei figli, lavorare e morire? Tutto qua? E noi stessi chi siamo, che cosa ci raccontiamo? Io faccio teatro anche per questo, per allargare ancora di più l'orizzonte, per arrivare a vedere dove la mia testa, il mio cuore, le mie emozioni possono arrivare. Non è una sfida, è l'essere consapevoli di se stessi, seguire il proprio istinto, ovviamente con la premessa che sia benevolo e non certo atto a far del male. Se tu hai la creatività, la voglia, la curiosità e senti che qualcosa ti fa bene, ti piace, ma quale giudice dentro di te ti dice che questa cosa non è giusta? Se tu la deliberi è giusta, bisogna poter fare liberamente le proprie scelte».
(Info per lo spettacolo diretto da Paolo Civati: 0773660550 oppure 3469773339).