«La gentilezza può essere il seme della rinascita. Ne sono convinto e credo molto nella forza delle parole e delle persone. Con la musica riesco a raccontare la necessità dell'ascolto, dell'empatia. E questo lo faccio con grande piacere». A parlare è Michele Bravi che descrive così il percorso che sta seguendo con il brano "Inverno dei fiori".

«Questa è la mia seconda volta in gara – ci racconta Michele Bravi – Per me partecipare a questo Festival di Sanremo ha un doppio significato. Da una parte c'è la mia soddisfazione personale, dall'altra la possibilità di creare un momento professionale di crescita. Negli ultimi anni la vita che conoscevamo è scomparsa, rivivere la normalità con queste dinamiche ha significato rimettersi in gioco. In tutto questo c'è la difficoltà che troviamo nell'intrecciare la nostra storia con la vita. Questa canzone racconta la cosa più bella, ovvero la speranza che qualcuno si sieda accanto a noi e decida di continuare il proprio percorso con noi».

E il brano racconta proprio questo. "Inverno dei fiori" è una canzone d'amore, fragile, che riflette sul concetto di umanità, empatia e condivisione, raccontando quanto l'intreccio umano sia l'unica via per imparare l'amore.
Un racconto che si estende anche nel videoclip, come ci racconta Michele: «Un viaggio nella solitudine che attraversa il percorso delle stagioni. In una banchina metropolitana circondato da figure inanimate e silenziose, la ricerca dell'intreccio umano viene raccontata attraverso la finzione teatrale dove lo scambio artistico permette di scoprirsi così simili e vicini. Una metamorfosi floreale chiude il racconto visivo come metafora di una richiesta d'aiuto. Un racconto di come il supporto reciproco sia l'essenza profonda dell'amore e contenga sempre in sé il seme della rinascita. Per rifiorire ogni giorno. Come fiori, anche d'inverno».

Infine Michele Bravi sottolinea anche la difficile situazione che si trova a vivere il mondo dello spettacolo: «È stato uno dei più colpiti dall'emergenza sanitaria. C'è una gran voglia di avere quella dignità professionale sia come artisti che come lavoratori. Non bisogna poi dimenticare che dietro ogni persona c'è il lavoro di tanti lavoratori. Salire sul palcoscenico del teatro Ariston, che ci permette di accendere i riflettori su tutto questo, e rappresentare tutti questi lavoratori ci assegna un senso di grande responsabilità. Lo scorso anno sono stato ospite a Sanremo nella serata dei duetti con Arisa. In quel momento avevo un grande senso di gratitudine per il fatto di esserci, ma al tempo stesso vivevo anche un momento di enorme sofferenza nel vedere quella platea vuota. Non è stato semplice, per me forse era tutto un po' più facile perché sul palco non ero solo ma con Arisa. Ma immagino che per chi fosse in gara deve essere stato molto difficile. Oggi vedere quel teatro pieno è un privilegio».