Cerca

Il saluta

Don Andrea Lupi lascia San Marco, l’ha resa “casa di tutti”

Domenica scorsa il saluto e la festa con centinaia di giovani. «Grazie alla comunità, mi ha dato tanto e mi ha concesso di amarla»

Chissà se immaginava di riempire in ogni spazio possibile la cattedrale e di vedere tanta commozione e tante famiglie e ragazzi di ogni età uniti in una domenica sera di settembre quando, a 27 anni, è entrato in punta di piedi nella parrocchia di San Marco di Latina, giovane diacono che non era ancora stato ordinato sacerdote. Domenica Don Andrea Lupi, è uscito da quella chiesa tra abbracci, lacrime e testimonianze d’affetto dopo sei anni di esperienza sacerdotale e di confronto vivo e quotidiano con una comunità che ha imparato con grande naturalezza ad amarlo, un passo dopo l’altro, un giorno dopo l’altro.

Il sacerdote salesiano lascia l’oratorio e la parrocchia San Marco per una nuova avventura, quella di delegato di Pastorale Giovanile per l’ispettoria dell’Italia centrale dei salesiani, una bella responsabilità nel cuore dell’ufficio che la Chiesa dedica ai giovani e al loro cammino formativo. Domenica la messa per salutarlo, presieduta dal direttore della comunità salesiana e parroco di San Marco Don Francesco Pampinella e concelebrata con gli altri confratelli, e la festa in oratorio che ne è seguita sono state un crescendo di emozioni, raccolte e commosse, con centinaia di giovani e famiglie a stringerlo in un ultimo abbraccio. Insieme a lui ha lasciato San Marco Don Francesco Simoncelli, che era arrivato appena un anno fa, mentre torna dopo moltissimi anni Don Piero Lalla e resterà come incaricato dell'oratorio il giovane Matteo Sassano che sarà ordinato sacerdote il 19 ottobre proprio a San Marco. Don Andrea era stato chiamato a Latina nel 2018 dopo gli studi teologici all'Università Pontificia Salesiana e il trasferimento a Gerusalemme.

A San Marco è stato economo, referente dell’oratorio e referente del movimento giovanile salesiano del Lazio, ma è nel cuore nevralgico della parrocchia, l'oratorio come prima missione di Don Bosco, che ha svolto il servizio più importante per la città, facendo avvicinare tanti ragazzi e tante famiglie alla fede e alla vita di comunità, rendendolo un luogo a porte aperte in cui sperimentare la socialità e l'accoglienza e nel quale ogni ragazzo, ogni laico, ogni famiglia ha potuto trovare tempo, spazio, orizzonti per vivere una dimensione a misura d'uomo. Grazie al suo servizio, all’opera costante per rinnovare l'oratorio, ai bandi intercettati, ai progetti avviati, alla collaborazione con i servizi sociali e l'ufficio minori, all'Estate Ragazzi che ogni anno ha coinvolto più di 400 ragazzi, ha saputo creare negli anni sempre di più una casa per tutti e per ciascuno.
«Quando penso a questi sei anni penso a uno dei regali più grandi ricevuti nella vita – spiega Don Andrea – quando sono arrivato a San Marco mi sembrava tutto più grande di me e c’era tanto da imparare, ma sentivo forte la sensazione che andavo ad abitare una comunità che sarebbe diventata la mia casa, dicevo a mia madre: “Vado a casa” per dire “vado a Latina”. Questa comunità mi ha accolto, mi ha amato e mi ha permesso di amarla.

Ho visto crescere questa casa, abbiamo voluto abbellirla e renderla accogliente in una città così giovane eppure così priva di servizi. Il Signore mi ha chiesto di comprendere che l'oratorio è relazione e ogni relazione è un mattone per costruire la casa e ogni laico e ogni famiglia sono un dono, come lo sono stati le migliaia di ragazzi che ho incontrato. Ciascuno di loro ha preso un posto nel mio cuore». Con Don Andrea la messa  e la riconciliazione continuavano anche fuori dalle mura della chiesa. «La messa per me finiva in chiesa e continuava nel cortile - dice - l’altare è il campo di calcio, il campo di pallavolo, come gli uffici con le tante riunioni nelle quali abbiamo sognato progetti, campi, scritto programmazioni, condiviso fatiche e lacrime». Tra i grandi doni ricevuti da Latina anche l'esperienza con i confratelli.

«Sono entrato che mi sentivo un bambino, esco che mi sento un uomo, salesiano e sacerdote – conclude Don Andrea - stupito di quanto è meravigliosa questa vocazione quando entra nel telaio della Chiesa e degli uomini e donne che posso incontrare e nei quali posso riconoscere Cristo. Oggi tanta nostalgia da parte mia nell’andare che è vinta solo dalla gratitudine. Quando si dice grazie davanti a un dono così grande non si può essere nostalgici». Nella messa significative le parole di Don Francesco: «L'ambiente è cresciuto in comunione, in amore, in rispetto. Dobbiamo chiederci perché Don Andrea ha creato tutte queste cose. E’ chiaro che abbia delle capacità superiori e le ha messe al servizio, però è importante capire che tutto quello che ha fatto lo ha fatto per amore di Dio, di Don Bosco e delle persone che ha incontrato. Dobbiamo farlo tutti quanti, crescere insieme e donarci gli uni con gli altri, questa è la vera conquista».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione