Il fatto
05.02.2021 - 10:30
È stato rintracciato e arrestato nel centro di Latina il 33enne Mario Ascione, il boss di Ercolano a giudizio per una serie di delitti legati a una faida di camorra, perché è nel capoluogo pontino che aveva deciso di trasferirsi per tenersi alla larga da un territorio, quello di origine, diventato per lui ostile. Viveva in un appartamento della zona pub insieme alla madre - trasferita in carcere anche lei l'altra sera col figlio - e lavorava in una pizzeria del centro, ma la sua permanenza nel nostro territorio aveva destato già da qualche tempo i sospetti dei Carabinieri, che stanno indagando per capire il motivo della scelta, soprattutto se poteva contare su coperture e legami di natura criminale nel territorio latinense. Insomma, gli investigatori del colonnello Lorenzo D'Aloia vogliono vederci chiaro per capire se Ascione si stesse riorganizzando a Latina con una rete di uomini fidati.
Il blitz che ha portato alla cattura del reggente del clan, fondato dal padre defunto, Raffaele detto Rafael ò Luong, risale alla serata di mercoledì, quando i Carabinieri della Compagnia di Latina hanno supportato l'operazione condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile di Torre del Greco. I militari dell'Arma sono intervenuti con le cautele e un dispiegamento di uomini sufficienti per evitare brutte sorprese, come un eventuale tentativo di fuga da parte del 33enne. Come per lui, era prevista la cattura anche per sua madre, Immacolata Adamo detta Assunta, già condannata in via definitiva per associazione di stampo mafioso, entrambi destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
I due si erano trasferiti a Latina da una decina di mesi, in un appartamento di via lago Ascianghi, praticamente all'interno del quartiere della movida, abbastanza vicino al luogo di lavoro dell'uomo, una pizzeria del centro, ma anche a distanza ravvicinata dalla caserma dei Carabinieri dove si recava quotidianamente per ottemperare all'obbligo di firma. Era tornato in libertà, sottoposto a misure cautelari alternative alla detenzione in carcere, dalla fine di aprile dello scorso anno, quando aveva lasciato il carcere duro dopo essere stato assolto dalla Corte di Appello del tribunale per i minori di Napoli, per il duplice omicidio di Luigi Boccia e Pasquale Maiorano, esponenti del clan Birra di Ercolano. I due furono assassinati nel 2005, quando Mario Ascione aveva appena 17 anni: per lui doveva essere il battesimo di sangue, lo sostenevano anche quattro collaboratori di giustizia, ma dopo la condanna a 16 anni di reclusione in primo grado, le accuse contro di lui sono decadute in Appello.
Fatto sta che in assenza di altri provvedimenti restrittivi, il 33enne di Ercolano era tornato in libertà e si era trasferito a Latina. Arrestato una prima volta nel 2008 e poi condannato per associazione di stampo mafioso, nel corso della detenzione era stato raggiunto da una serie di misure cautelari che testimoniano in che maniera sia riuscito ad alimentare l'astio, nei suoi confronti, da parte dei clan concorrenti, fino al punto di meditare il trasferimento fuori regione. Basti pensare che poco dopo la sua ultima scarcerazione, era stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione, dal Tribunale di Napoli, per l'omicidio di un affiliato al clan Birra che risale al periodo precedente al suo primo arresto: alla luce proprio di questa sentenza, è scattata la richiesta di custodia cautelare che la Suprema Corte di Cassazione ha confermato solo l'altra sera, quando è scattato il blitz a Latina.
E come se non bastasse, di recente Mario Ascione è stato anche condannato in primo grado alla pena dell'ergastolo per l'omicidio commesso nel febbraio 2008 ai danni di Giorgio Scarrone, fratello di Agostino Scarrone, killer del clan rivale Birra - Iacomino oggi collaboratore di giustizia, reato per il quale a breve inizierà il processo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Napoli.
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