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Cronaca

Omicidio a San Donato, una follia esplosa all'improvviso

Per l'uccisione di Marco Gianni i Carabinieri fermano l'ex della compagna, Riccardo Di Girolamo: interrogato, non parla

Un omicidio pianificato con lucida follia, covato senza mai lasciar trapelare la portata del sentimento di odio che nutriva da tempo nei confronti di Marco Gianni, il nuovo compagno della sua ex moglie. È questo il contesto che emerge all'esito dei primi accertamenti dei Carabinieri che hanno portato al fermo di Riccardo Di Girolamo, operaio saldatore di 33 anni di Pontinia, indiziato dell'omicidio dell'imprenditore agricolo consumato a colpi di fucile giovedì pomeriggio nel vivaio di famiglia in via del Villaggio a Borgo San Donato. L'indagato, assistito dagli avvocati Alessandra Piscopo e Gaetano Marino, in una prima fase ha scelto la strategia del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere alle domande del sostituto procuratore Daria Monsurrò la sera stessa del delitto, ma è atteso nei prossimi giorni per l'interrogatorio di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Cario. Fino a quel momento resta dietro le sbarre della casa circondariale di Latina.

Non ci sono testimoni che abbiano visto l'indagato sul luogo del delitto, a dare l'allarme è stato un agricoltore della zona che ha sentito gli spari e andando a vedere ha trovato il corpo esanime, ma l'indagine ha imboccato subito una direzione ben precisa. Il punto di congiunzione tra vittima e omicida è una donna, la compagna del trentunenne Marco Gianni, ex di Riccardo Di Girolamo, col quale ha avuto due figli. La loro storia era finita da quasi tre anni e i due ex conviventi erano in procinto di formalizzare un accordo davanti al giudice per l'affido dei bambini, ma il 33enne di Pontinia non aveva mai visto di buon occhio la nuova relazione della donna con l'imprenditore agricolo, un amico comune. Aspetto questo che potrebbe avere generato l'astio tra i due, alimentato da incomprensioni mai chiarite, forse enfatizzate da un contesto territoriale che non avrebbe contribuito a distendere i toni. L'unico campanello d'allarme, sottovalutato da chi gli stava attorno, erano gli sbalzi d'umore del presunto assassino, una situazione che necessitava di un trattamento adeguato.

Fatto sta che fino a giovedì Riccardo Di Girolamo non aveva mai mostrato istinti violenti, o almeno è la situazione trapelata attraverso le testimonianze raccolte dagli investigatori. Molti sapevano dei rapporti tesi tra i due, ma nessuno sospettava che la situazione potesse degenerare. Quando l'altro pomeriggio i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno iniziato a visionare le telecamere di video sorveglianza di Borgo San Donato, hanno trovato la prima conferma ai sospetti iniziali, vale a dire il transito della vettura del saldatore in un orario compatibile col delitto. Poi era arrivata la conferma attraverso un amico dello stesso Di Girolamo, col quale si era confidato poco dopo la tragedia: è stato lui a contattare i militari, che avevano quindi intensificato le ricerche.

In casa il presunto omicida non c'era, ma gli uomini del maggiore Antonio De Lise erano rimasti appostati e non appena lo hanno visto rientrare gli hanno chiuso la strada per bloccarlo: i detective indossavano il giubbetto antiproiettile, una precauzione fondata visto che il 33enne aveva con sé il fucile a canne mozze ancora carico, utilizzato per l'omicidio. Lo teneva sul sedile posteriore. In casa ne aveva altri quattro, tutti sequestrati: l'indagato è stato subito sottoposto all'esame Stub, utile per rivelare la presenza di particelle di polvere da sparo su mani e abiti, lo stesso tampone effettuato anche all'interno della sua auto, una Fiat 500L sequestrata e analizzata ieri. Sarà tutto esaminato dagli specialisti della scientifica, armi comprese, perché gli investigatori sospettano che l'uomo possa avere utilizzato due fucili diversi per sparare, poi sia tornato a casa per riporne uno. Si tratta solo di un'ipotesi, giustificata però dal ritrovamento di quattro bossoli di fucile, a terra, vicino al cadavere.

Sulla modalità dell'omicidio sarà l'esame medico legale a fornire i particolari che mancano. L'autopsia effettuata ieri può rivelare da quale distanza sono stati esplosi i colpi d'arma da fuoco, determinata dal diametro della rosa dei pallini, disseminati in diverse parti del corpo, ma concentrati soprattutto in due punti, alla testa e al torace.

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