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Urbanistica

L'architetto Femia disegna Latina tra acqua, pedonalità, verde e spazi di relazione

Presentato in commissione il Master plan del progetto di recupero del centro dall’architetto insieme a Ranieri e Romagnoli

Pensare una strategia di rigenerazione urbana che renda Latina un modello di città sostenibile accogliente con spazi pubblici più accessibili, aree verdi attrezzate, un ciclo dell'acqua come elemento portante della nuova visione di città e nuovi spazi di relazione. Sono alcune delle direttrici del masterplan del centro alla base del progetto presentato ieri in commissione urbanistica dall'architetto di fama internazionale Alfonso Femia, figura di spicco nella progettazione urbanistica internazionale e capofila del team di tecnici, l’architetto Francesco Romagnoli e l’ingegnere Emilio Ranieri, incaricati dal Comune di disegnare il quartiere R0, la cosiddetta zona rossa del capoluogo che negli anni è diventata il centro di molte idee rimaste sulla carta e che oggi diventa il punto di partenza di una proposta progettuale generale del nucleo storico della città di Latina, aperta ai contributi di tutta la cittadinanza.

Ieri la seduta aperta dal presidente Roberto Belvisi è stata seguita con attenzione da associazioni di categoria, ex assessori, architetti e altri portatori di interesse, a dimostrazione di qanto lo sviluppo della città sia tema di un certo appeal. «Questo progetto ci dà il senso di quello che vuole essere Latina in futuro – ha spiegato l'assessore all'urbanistica Muzio - una pianificazione strutturata frutto di un lavoro corale tarato sulle necessità e criticità e che coordina in modo organico i vari settori della pianificazione urbanistica, commercio, viabilità, patrimonio artistico, sociale, e culturale perché l’urbanistica è scienza che dialoga con l'evoluzione storica e sociale di una città.  «Abbiamo messo insieme le conoscenze locali in un quadro più ampio di città europea che si connota in ambiente estetico, sociale e culturale – ha spiegato Ranieri - dobbiamo capire dove stiamo andando. Noi non presentiamo una proposta a sette anni, ma a quindici, che va al di là del centenario e che ha come momento di caduta proprio il centenario». «Questo è l’avvio di un lavoro che porterà altri step - spiega Romagnoli come il piano Peba calato nell’R0 e altre linee guida. Il piano di recupero serviva per capire come Latina deve presentarsi per il centenario e diventare una città italiana ed europea». Nelle parole di Femia la Latina del futuro che valorizza la sua memoria idraulica con spazi pubblici ispirati ai canali di bonifica, piazze d’acqua e suoli drenanti per la riduzione delle isole di calore, con una mobilità sostenibile tra ciclabili e pedonalizzazione, con edifici iconici riutilizzati e riattivati trasformati in spazi di aggregazione sociale, con parchi urbani e verde diffuso. «Il master plan non è uno strumento urbanistico, ma una linea di indirizzo che qui come in altre nazioni, utilizziamo per prendere coscienza della città e indirizzare le scelte e il percorso - spiega Femia - 4 assi strategici importanti in questo studio sono stati Spazio pubblico, Natura, Mobilità e patrimonio edilizio. Latina è sospesa tra terra e acqua, deve tornare questa osmosi di forte sostenibilità che è il segno di un equilibrio fragile eppure potente. Gli assi nei secondi cento anni dalla fondazione intersecheranno le tre identità della città: l’acqua, la dimensione naturale e la dimensione minerale».

«Oggi Latina si presenta come una città razionalista con un centro storico geometrico - spiega ancora Femia - ma con una espansione periferica poco pianificata, con una mobilità prevalentemente automobilistica, uno spazio pubblico frammentato e poco valorizzato con assi viari ampi ma privi di qualità pedonale e urbana. Altro tallone d'achille è avere un centro culturale ancora in cerca d'identità con edifici iconici ancora sottoutilizzati, con isole di calore urbano evidenti e un rapporto limitato tra città e natura con poche strategie per integrare il verde urbano con la storia idraulica del territorio». I settori su cui intervenire sono il patrimonio storico, materia e natura, la mobilità sostenibile e gli spazi pubblici. Una visione in cui la pedonalizzazione fa la parte del leone ma con un distinguo importante che è anche un monit per l’amministrazione. «Ci vuole un’idea progressiva ed evolutiva di come pedonalizzare le aree - spiega Femia - che non vuol dire pedonalizzare e basta, si deve testare e provare con il coraggio del contemporaneo. Non tutto sempre funziona, la città ha bisogno di testare e capire se è il momento giusto». «È stato un lavoro appassionante non facile - conclude l’architetto - che mettiamo sul tavolo perché ognuno con la matita rossa e blu possa fare le sue correzioni e osservazioni».

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