Ci offre uno spaccato della comunità latinense, un panorama delle culture che la compongono, la graduatoria dei 1158 candidati all’assegnazione di una casa popolare, aggiornata di recente dalla commissione comunale dei servizi sociali. Il 75% degli aventi diritto sono italiani, il restante 25% è composto da stranieri, tra i quali il 12,5% europei, leggermente meno gli extracomunitari che rappresentano l’11,9% delle domande presentate. La carenza di nuovi alloggi popolari e il mutamento delle condizioni sociali ed econominche della popolazione pontina hanno acuito l’emergenza casa in città. Ma stando alla graduatoria stilata dal Comune, che per legge è chiamato ad individuare gli aventi diritto agli alloggi poi gestiti da altri enti come l’Ater, è maggiore il numero di stranieri che chiedono una casa popolare rispetto alla loro rappresentanza nella città. Infatti se la popolazione a Latina supera le 125mila unità e gli stranieri residenti sono 9.262, ossia il 7,3%, nella graduatoria delle domande presentate gli italiani rappresentano il 75%. Tra le famiglie nate all’estero, 117 provengono dalla Romania, 21 dall’Ucraina, 17 dalla Polonia e 14 dall’Albania. Seguono i nordafricani, con 18 famiglie tunisine, 12 marocchine e 10 algerine. Una proporzione che rispecchia la rappresentatività dei vari paesi nella comunità pontina ad eccezione sicuramente della popolazione di origine asiatica, visto che la maggio parte dei cittadini indiani e bengalesi che vivono nel Comune di Latina sono braccianti agricoli che non hanno scelto di stabilirsi da noi, ma di vincolare la permanenza all’attività lavorativa che principalmente permette loro di mantenere economicamente le famiglie rimaste in patria. I criteri per l’assegnazione dei punteggi e la compilazione delle graduatorie tengono conto della situazione economica dichiarata dalle famiglie e dal numero di componenti.

IL QUADRO ATTUALE E IL FUTURO

La mutazione dello stile di vita nel nostro Paese, ma soprattutto l’involuzione del mercato del lavoro hanno modificato nettamente, negli ultimi decenni, la soglia di povertà, oltre al concetto vero e proprio di indigenza. Agli effetti della crisi, purtroppo, città come il capoluogo pontino non hanno fatto fronte con investimenti importanti: per anni non si sono costruite case popolari, un vero e proprio picco rispetto ai cantieri aperti dopo il primo boom edilizio. Si è lasciato spazio all’edilizia convenzionata, che tuttavia non è stata in grado di andare in contro pienamente alla fascia, sempre più ampia, di famiglie e giovani coppi che, a causa della crisi e della conseguente difficoltà di accesso al credito, stentano a sostenere l’acquisto di una casa. Negli ultimi decenni gli investimenti nell’edilizia sociale si sono concentrati soprattutto nell’opera di ammodernamento del patrimonio esistente. Come dire, gli investimenti sono stati fatti, ma non per andare incontro ai nuovi “poveri”. Ed è forte il sospetto che qualcuno ci abbia messo lo zampino interferendo nelle scelte politiche, ossia coloro che avrebbero tratto svantaggio nella realizzazione di case popolari e alloggi di edilizia convenzionata. Questo vuol dire che, a parte la realizzazione di qualche nuovo alloggio, ricavato ottimizzando gli spazi inutilizzati delle vecchie palazzine, le famiglie bisognose sono dovute restare appese alla fortuna di chi una casa popolare ce l’ha avuta e magari può permettersi di lasciarla, per acquistarne una migliore. La graduatoria parla chiaro: il 44,6% degli aventi diritto, ossia 501 domande, sono coppie e single. Il restante 55,4% è costituito per la maggior parte da nuclei familiari composti da tre persone, ossia genitori con un solo figlio (24,2% pari a 272 domande). Il 17% rappresenta le famiglie da quattro persone (191 domande), mentre il 14,2% (160 domande) è costituito da nuclei con cinque o più persone. Le speranze dei 1158 in graduatoria sono tornate ad accendersi da un paio di anni a questa parte, con l’apertura dei cantieri di due palazzine popolari nel quartiere Pantanaccio, nell’ambito del programma di riqualificazione della periferia “Porta Nord”. E parliamo di alloggi realizzati con tecniche che non tengono esclusivamente conto solo del risparmio dei costi di realizzazione, ma che puntano ad elevare la qualità di famiglie altrimenti costrette a vivere in condizioni disagiate. Tant’è vero che la progettazione ha tenuto conto del risparmio energetico quanto mai necessario per una convivenza sostenibile.