Alla fine è una lotta bestiale, un piccolo esercito di «senza niente», che però non possiede neppure la paura, contro una potente corazzata di multinazionali. E in ballo c’è la produzione di olio di palma, dunque la distruzione di tutto ciò che gli gira intorno, comprese le popolazioni indigene. Dario Novelino, un ricercatore di Formia, questa guerra la sta conducendo sul campo, nel Borneo soprattutto, dove le aziende che vogliono l’olio di palma se lo vanno a prendere senza andare troppo per il sottile. Però Novellino ha preso il diavolo per le corna e quando torna dalle sue missioni da antropologo racconta al resto del mondo cosa succede nell’inferno dove si produce il nuovo «oro alimentare».

Come è cominciata questa missione ambientalista e antropologica?
«Mah, avevo 13 anni. In un compitino assegnatomi dalla maestra ho scritto queste testuali parole: ‘L’unico mio scopo è e sarà di diventare un naturalista e spero che appena riuscirò a procurarmi i soldi necessari partirò per quel paese dove nessun uomo bianco ha mai posto piede….questo paese è il Borneo’. Mio padre mi leggeva i romanzi di Salgari e questo sicuramente ha influenzato le mie scelte sin dall’infanzia. Ma il destino ha voluto che il mio primo incontro con le popolazioni indigene (gli Inuit comunemente conosciuti come ‘esquimesi’) avvenisse nell’artico canadese dove sono giunto dopo un lunghissimo viaggio in autostop, all’età di 19 anni».  Poi è arrivata la laurea e la ricerca in antropologia, l’impegno non solo universitario a tutela delle popolazioni che rischiano di sparire per lasciare spazio a qualche produzione innovativa.


Com’è la «caccia» all’olio di palma vista da vicino?
«Io nel 1989 sono giunto a Sarawak (Borneo Malese) e mi sono unito ai nomadi Penan, cacciatori e raccoglitori. E’ stata un’esperienza straordinaria. Poi sono arrivate le ruspe ed i bulldozer delle grandi compagnie del legname e quelli delle corporazioni delle palme da olio a violare la tranquilla esistenza di questa gente.. ed anche la mia vita è cambiata. Ho iniziato a battermi con tutto me stesso per difendere questi popoli, ed il loro territori (soprattutto a Palawan, nelle Filippine) aiutandoli a documentare il loro dramma, organizzare azioni di pressione verso i governi, campagne di denuncia e movimenti di resistenza sul posto».

L'intervista completa in edicola con Latina Oggi (26 aprile 2016)