A distanza di oltre settanta anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, sono ancora tante le ferite lasciate aperte dalla guerra. Ed è stato così che un uomo, Jim D'Amato, è partito dal Connecticut ed è giunto a Cisterna per vedere i luoghi dove combatté il padre ranger, superstite della battaglia che infuriò attorno al centro pontino, trovando il luogo esatto dove il genitore venne fatto prigioniero.  D'Amato, partito da Bristol, è arrivato a Cisterna venerdì scorso insieme alla moglie. Il padre, Pasquale D’Amato, soldato di origini italiane, facente parte del 3rd Ranger Battalion E company, fu vittima dell'imboscata tedesca ai danni dei soldati americani, avvenuta la notte tra il 29 e 30 gennaio 1944 a Isolabella. Jim portava con sé una fotografia aerea della zona, con l’indicazione fatta dal padre dell’esatto punto in cui venne fatto prigioniero insieme ad altri rangers. Pasquale, infatti, più volte ha raccontato quegli attimi di guerra rimasti impressi nella sua mente per il resto della vita e il figlio, a sua volta, li ha raccontati a Stefano Solferini, dell’Associazione “Il fronte a Cisterna”, coadiuvato da Carlo Perinelli, che ha accolto e assistito D’Amato durante il suo viaggio nella storia. «Avanzavamo tenendoci bassi nel fosso – raccontava il ranger. Era inverno e l'acqua nel fosso era fredda. Appesantiti dal fango arrivammo fino ad un piccolo ponte dove ci fermammo, poiché notammo due carri armati tedeschi Tigre sopraggiungere dalle colonne  - riferendosi alle colonne di Isolabella - seguiti da 8 uomini ciascuno, l'ufficiale accanto a me si alzò per dare l'ordine di attaccarli. Non appena si alzò, non ebbe neanche il tempo di dare l'ordine che cadde subito a terra, colpito alla testa da un proiettile tedesco. Ci trovammo accerchiati. Cercavamo di fermare i carri lanciando granate tra i cingoli, ma ne sopraggiunsero altri. Non avevo mai visto un così grande schieramento di mezzi e uomini in vita mia. Fummo costretti ad arrenderci».Jim, dopo aver individuato l’esatta posizione indicata dal genitore, ha lasciato nel fosso a ridosso del ponte di via Enrico Toti, a pochi metri dalle colonne, una foto del padre. Ha poi ringraziato l’associazione “Il fronte a Cisterna” per averlo aiutato «a realizzare il sogno di una vita: ho potuto finalmente vedere i luoghi dove ha combattuto mio padre che finora avevo solo potuto immaginare», ha detto emozionato. Il padre dopo la cattura venne portato in un campo di prigionia a Firenze, ma riuscì a scappare insieme ad un suo compagno e a riunirsi con i suoi commilitoni. Solferini ha donato una copia del suo libro "Il fronte a Cisterna" agli ospiti che hanno proseguito il loro viaggio nella memoria visitando il cimitero americano di Nettuno e il Museo dello sbarco di Anzio con la promessa di tornare presto a Cisterna.