Quel pugno di fotografie pubblicate su facebook da un probabile tifoso, appassionato, sportivo, gridano vendetta. E raccontano non solo di soldi spesi (ad oggi) inutilmente, ma anche di proteste, sforzi, illusioni e entusiasmi che hanno coinvolto centinaia di cittadini, oggi costretti a guardare lo stadio e la storia della squadra locale sprofondare nellâoblio.
Il 20 gennaio scorso il âColavolpeâ riapriva al pubblico dopo un balletto di interdizioni, blocchi, ripensamenti e controlli sui lavori di adeguamento dellâaccesso alla tifoseria. E fu grande festa. Poi è crollato tutto: il Terracina ha attraversato i guai che sono noti e così anche la sua âcasaâ è finita nel degrado. Erba alta, saccheggi, sporcizia in quella che doveva essere, ai bei tempi, la cittadella dello sport, con una piscina pubblica (mai realizzata e rimasta cantiere), strutture per sport collaterali, un grande parcheggio. Soldi ne sono piovuti. Invano.
La cruda verità è che ci vogliono mesi, anni, lavoro e soldi per dare e conservare il decoro ad unâopera pubblica ma bastano una manciata di mesi per farlo retrocedere a periferia delle periferie. Ora câè sul tavolo il progetto della tifoseria di risollevare le sorti della squadra. Servirebbe, a dire il vero, una buona dose di forza di volontà anche per tenere in piedi il campo da calcio. Come per tutti i luoghi pubblici, è la frequentazione che garantisce la manutenzione. Il Comune potrebbe decidere oggi stesso di investire qualche migliaio di euro per pulire, tagliare lâerba, riacquistare il maltolto. Ma se lo stadio resterà vuoto, dopo pochi mesi tutto tornerebbe come prima. Bisognerà , insomma, rimettere la palla al centro del Colavolpe. Allora sì, che si potrà rientrare in partita.