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La camera ardente al Cambellotti in un pomeriggio caldissimo

L'ultimo saluto della "sua" città al grande Vincenzo D'Amico

Mercoledì 5 luglio alle 10 la funzione nella chiesa di Santa Maria Goretti

L'ultimo saluto della "sua" città al grande Vincenzo D'Amico

"Io non volevo essere un calciatore, io volevo essere un calciatore della Lazio". La storia in una frase. Dettata dal cuore di uomo d'altri tempi, prima che di un maestro del "cuoio a scacchi". Buon viaggio capitano, ci mancherai caro Vincenzo D'Amico. Questo lo diciamo noi che viviamo, anche e soprattutto, di calcio, aggrappati a quei valori per i quali è facile riempirsi la bocca, ma che restano per il cronista di turno il pane quotidiano con il quale nutrirsi e andare avanti. Martedì 4 luglio la camera ardente in una Latina sin troppo baciata dal sole, mercoledì 5 luglio, alle 10, la cerimonia nella chiesta di Santa Maria Goretti, a due passi da quelle case popolari nelle quali, con una pallina tra i piedi, "Vincenzino" faceva impazzire tutti, mandando letteralmente al manicomio chi provava a levargli la sfera dai piedi.
La camera ardente è stata aperta intorno alle 15, mentre il feretro era giunto da Roma a Piazza San Marco alle 13. Nonostante il gran caldo, è stata subito presa d'assalto da tanta gente, desiderosa di tributare l'ultimo saluto al proprio campione, al capitano dei capitani, all'uomo che più di tutti, nel mondo del calcio, ha portato in alto il nome di Latina in giro per l'Italia. Intorno alle 17 al Museo Cambellotti è arrivato anche il sindaco di Latina, Matilde Celentano: «Vincenzo, anzi ‘Vincenzino' come lo chiamavano tutti, è un figlio di questa città e faremo di tutto affinché da qui in avanti venga ricordato. Come Amministrazione ci riuniremo per decidere di intitolargli qualcosa che possa ricordarlo. Lo stadio? Ora è un po' presto per parlarne, ma vi posso dire sin da ora che non verrà dimenticato in nessun modo. Lui ha portato in alto il nome della nostra città in giro per l'Italia, è stato un simbolo del nostro calcio. Vogliamo che nessuno lo dimentichi». 

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