L'amministrazione comunale celebra la "Battaglia di Aprilia", lo scontro del 28 maggio 1944 che determinò la liberazione della città dalle truppe nazifasciste nel corso della seconda guerra mondiale. Perciò questa mattina il sindaco di Aprilia Antonio Terra e il sindaco di Lanuvio Luigi Galieti si sono ritrovati nel piazzale della stazione di Campoleone (teatro dello scontro) per celebrare la ricorrenza. Insieme a loro anche i comandanti della polizia locale dei due Comuni, Massimo Giannantonio e Maurizio Doretto, nonché le associazioni combattentistche. Il corteo si è spostato in piazzale Berlinguer, nel territorio di Lanuvio, per una seconda celebrazione.
"Ci incontriamo oggi, dopo quasi tre mesi di isolamento e di totale assenza di eventi e momenti pubblici. Lo facciamo, ovviamente, con tutte le precauzioni possibili, dato che l'emergenza che il nostro Paese sta affrontando non è certo finita. Siamo ancora chiamati ad atteggiamenti e comportamenti improntati alla massima responsabilità e nessuno di noi vuole certo tirarsi indietro. È comunque bello - ha affermato il sindaco Terra - riprendere ad incontrarci proprio in occasione della ricorrenza della Battaglia di Aprilia. Un evento sicuramente doloroso per il nostro territorio, ma che ci riporta subito alla fine della guerra che la nostra città e il nostro Paese festeggiarono appena qualche mese dopo, nel 1945, 75 anni fa. La commemorazione della Battaglia di Aprilia è l'ultimo evento annuale del circuito della memoria dello Sbarco Alleato, che ogni anno condividiamo con le Città e i territori limitrofi. La storia di quella grande tragedia che fu la Seconda Guerra mondiale, ha in effetti molte caratteristiche simili al momento storico che stiamo vivendo. Non tanto per le morti, che di certo oggi sono decisamente meno delle vite sacrificate durante la guerra. Quanto per la capacità di unire persone, territori, persino nazionalità differenti. La guerra fu un grande evento collettivo, che risucchiò un intero continente in lotte fratricide e insensate, con un costo enorme in termini di vite umane, di distruzione, povertà, miseria".
"Ma da quell'evento collettivo, l'Italia seppe ripartire. Persino mettendo da parte le divisioni che da sempre caratterizzano il dibattito nel nostro Paese. Ed impegnandosi a favore del bene comune e della ricostruzione. Allo stesso modo, credo che oggi siamo chiamati ad una nuova stagione di impegno. Un impegno che nasce proprio da qui, dai nostri territori, dalla provincia, dalla periferia. Un impegno capace di esser trasversale alle diverse generazioni, alle diverse sensibilità e appartenenze. Credo che possono essere tre gli elementi da cui ripartire, mutuati proprio dall'esperienza storica della guerra e – soprattutto – del dopoguerra. Il primo è lo sguardo fisso sulle nostre Città e i nostri territori. Abbiamo bisogno di impegno concreto: un impegno comune, ciascuno nel proprio ruolo, speso nella nostra vita quotidiana, proprio lì dove siamo, dove abitiamo: il nostro quartiere, l'associazione di cui facciamo parte, il gruppo di volontariato, l'azienda nella quale lavoriamo, la famiglia, la politica cittadina. C'è bisogno di concretezza, di confronto con i problemi reali che le persone devono affrontare giorno dopo giorno".