Non abbiamo fatto in tempo ad abituarci alle città plastic free che la pandemia di Coronavirus ci ha precipitato indietro nel tempo, facendo tornare di prepotenza indispensabile la plastica monouso. Nella fase 2 in particolare l'usa e getta è diventato nuovamente una necessità. Mascherine, guanti, vaschette per alimenti: con la paura del contagio, la plastica usa e getta ha nuovamente invaso le nostre vite tanto che la gran parte dei governi, compreso il nostro, ha sospeso le tasse sugli imballaggi, rinviandole a chissà quando. Il fenomeno della plastica di ritorno smentisce di fatto la narrazione secondo cui il Covid avrebbe fatto bene all'ambiente: se da una parte ci sono state meno emissioni di gasi inquinanti, dall'altro l'aumento della quantità di plastica utilizzata rende quantomeno eccessivo dire che "l'ambiente ringrazia per il lungo lockdown".


Un solo numero fa comprendere quanto sia imponente, in queste settimane, l'incidenza della plastica monouso: si stima che ogni giorno, solo in Italia, l'uso di mascherine produca almeno 100 tonnellate di rifiuti plastici. E poiché si tratta di materiali compositi e contaminati, non si possono differenziare né riciclare. Quando va bene (ossia quando i cittadini le gettano nei cassonetti dell'indifferenziata), finiscono in discarica o in un inceneritore. E attenzione: la mascherina va gettata dentro una busta di plastica che poi va chiusa e messa nell'indifferenziata. Dunque plastica più plastica. Nel caso peggiore, cioè quello dei troppi incivili in circolazione, le mascherine vengono gettate in terra e dunque finiscono per inquinare.