I dirigenti scolastici degli istituti comprensivi sono seriamente preoccupati. A Terracina - ma altrove non è diverso - gli edifici adibiti a ospitare gli alunni di infanzia, primaria e la secondaria di primo grado, non appaiono pronti ad affrontare la ripresa della didattica in chiave anti-covid. Le strutture sono vecchie, non sempre i Comuni sono stati tempestivi a fare gli interventi e dunque gli spazi sono ridotti.

E invece è proprio "spazio" la parola chiave per l'anno scolastico 2020/2021. Per ovvi motivi. Per questo il consigliere comunale del Partito democratico Valentina Berti, l'unica per il momento ad aver posto il problema, nei giorni scorsi ha chiesto alla politica di Palazzo Municipio di farsene carico, senza perdere ulteriore tempo. Il rischio, molto concreto, è che tra due mesi o poco più la città si troverà impreparata di fronte all'emergenza scuola.

Giovedì mattina si è tenuta la commissione Politiche scolastiche e sociali e il presidente Marika Franceschini ha invitato, proprio su richiesta di Berti, i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi. Presenti la professoressa Giuseppina Di Cretico del Don Milani, un docente in sostituzione del dirigente Barbara Marini per il Montessori, la professoressa Maria Laura Cecere del "Fiorini" di Borgo Hermada e ancora i rappresentanti degli istituti paritari San Giuseppe e Maestre Pie Filippini.

«Le scuole vengano riportate al 100 per cento della fruizione», questa la richiesta unanime arrivata alle orecchie dell'assessore al Welfare Patrizio Avelli e di quello al Bilancio Danilo Zomparelli. Perché, tra aule chiuse in attesa di lavori, edifici inadeguati, interventi "congelati" sia all'interno che all'esterno dei plessi, siamo a corto di metri quadrati. Che invece servono come il pane. «Ho chiesto di pensare a ricavare spazi adeguati dagli oratori, nelle chiese, dai centri anziani e ovunque il Comune abbia spazi - ci dice Berti - Il Comune lavori per comprendere da subito quali sono le concrete possibilità di dislocare classi e la didattica». Un'operazione simile a quella fatta, ad esempio, quando la Elisabetta Fiorini è stata chiusa per il restyling, e gli alunni si sono fatti una stagione a Villa Adrower. Veloce e indolore.

A soluzioni di questo tipo ora bisogna pensare in formati più ampi, perché i presidi sono in grande difficoltà di fronte alle prime indicazioni del governo. Dimezzare le classi significa infatti raddoppiare le aule. Sempre che non si facciano i turni, ma qui sorgono altri problemi. «Se facessimo tre ore a gruppo dalle 8 del mattino, tra sanificazioni e ingressi di nuovi gruppi si arriverebbe alle 17» dice Berti facendo eco ai dirigenti. «Ma come fanno a lavorare i genitori che hanno un figlio nel gruppo del mattino e uno nel gruppo del pomeriggio? E come si organizzerebbero i trasporti, e con quale personale si tiene aperta la scuola? E la mensa?». Un'idea balenata alla consigliera è stata quella di chiedere personale all'Azienda speciale, ma a quanto pare sono già tutti impegnati. Ma si valuterà una proposta. Alla fine tutti sono concordi che urgono soluzioni ma non si sa bene quali. «La mia proposta è che si utilizzino spazi alternativi – ribadisce il consigliere Dem - La politica decida, dica quanti soldi ci sono e dia mandato agli uffici tecnici di procedere. I lavori si possono fare l'estate. Magari a settembre non ce ne sarà più bisogno, ma non facciamoci trovare impreparati».