Le aree rurali della pianura pontina sono ricche di storia, spesso più di quanto si possa comunemente ipotizzare. Lo sta rivelando un nuovo progetto archeologico internazionale che vede all'opera gli studiosi Gijs Tol, dell'università di Melbourne, e Tymon de Haas dell'università di Leida. Si tratta di un'indagine che fa seguito al Pontine Region Project avviato nel 2006, iniziativa per la quale hanno collaborato le università di Groningen e Leida (Paesi Bassi) e Melbourne (Australia).

L'area oggetto degli studi è quella delle stazioni di sosta romane di Forum Appii, l'odierno Borgo Faiti, e Ad Medias (Mesa di Pontinia).
«Il lavoro effettuato – spiegano i due studiosi rispondendo alle domande sul progetto avviato – riguarda l'applicazione di una metodologia innovativa per piccole aree campione in varie parti della pianura pontina». Si opera attraverso la ricerca di resti o manufatti emersi in seguito alle arature, prospezioni geofisiche (l'attraversamento di un'area con un magnetometro che in virtù delle variazioni elettromagnetiche del terreno consente di individuare antichi resti fino a un metro di profondità) e carotaggi a mano per ricostruire sia la geologia che la storia della vegetazione della zona. A ciò si aggiunge lo studio di mappe storiche e foto aeree pre-bonifica. I primi risultati sono stati già pubblicati sulla rivista internazionale Geoarchaeology.


«Le ricerche – ci raccontano i due studiosi - dimostrano che il paesag­gio preistorico era parti­colarmente ricco di specie animali e vegetali necessarie per la sopravvivenza dei primi cacciatori raccoglitori che fre­quentarono diffusamente il territorio pontino, come dimostra la frequente scoperta di manufatti litici – tra cui diverse punte di lancia – nelle zone indagate. L'età di Bronzo e del Ferro (II millennio a.C. – VIII sec. a.C.) vede la prima occupazione stabile del territorio e la pratica di prime forme di sfruttamento agrico­lo. Probabilmente è in questo periodo che possiamo collocare i primi tentativi per bonificare le paludi, con lo scavo di alcuni fossi che in seguito furono integrati nel più ampio sistema di drenaggio romano».


Sono state ricostruire anche interessanti informazioni sul sistema della bonifica romana, basata su una serie di canali principali in cui confluiva una rete di canali laterali più piccoli. Gli sbocchi principali erano il canale artificiale del Decennovio (Linea Pio) e l'attuale Rio Martino che catturava le acque dalle aree della fascia pedemontana.
Grazie a questo sistema, durante il III secolo a.C., sono fioriti gli insediamenti rurali. Già dal secolo successivo, però, forse a causa di una scarsa e inadeguata manutenzione del sistema, come ipotizzano Gijs Tol e Tymon de Haas, l'area inizia a essere abbandonata.


«Il rinvenimento di manufatti come pesi da pesca e frammenti di gliraria (un contenitore in terracotta per l'allevamento dei ghiri ad uso alimentare) suggeriscono che coloro che ancora vivevano in queste zone, tornarono a strategie di sussistenza primarie, sfruttando le risorse naturali delle zone umide e combinando agricoltura su piccola scala, caccia e pesca e l'allevamento di bestiame. Quando nel primo secolo a.C. il poeta latino Quinto Orazio Flacco attraversò la pianura pontina nel suo viaggio da Roma a Brindisi, egli ci riferisce che le parti più basse della pianura pontina erano in gran parte abbandonate e che in questa zona la Via Appia era in gran parte impaludata. Con il sostegno della gente locale (molti proprietari infatti ci hanno consentito l'accesso nei loro terreni) – concludono i due studiosi - nei prossimi anni continueremo le nostre indagini per portare alla luce l'antichissima storia della pianura e l'interessante e continua interazione tra uomo e ambiente. Un punto centrale di queste ricerche riguarderà lo studio del paesaggio antico, ovvero indagini specificatamente paleo-ecologiche per portare alla luce la storia agricola della zona e ricostruire l'ambiente in cui si è svolta la storia dell'area pontina».