Ciò che resta dell'effetto economico della crisi legata al Covid 19 si legge nelle cifre che cominciano a circolare sulla portata reale della cassa integrazione applicata su vasta scala. E su quali soggetti sono rimasti schiacciati. Una delle previsioni peggiori riguardava la ulteriore penalizzazione delle donne. E si è avverata. Perché la percentuale delle donne che non tornerà al lavoro e resterà a casa con i figli è molto più alta rispetto alla quota maschile e, pure questo prevedibile, più elevata che nel resto d'Europa perché si partiva con un gap originario sull'occupazione. «Gli ultimi dati riferiti alla regione Lazio sulla cassa integrazione in deroga confermano il trend degli ultimi mesi: nel settore del commercio il 27 percento delle richieste, poi quello della ristorazione con il 22 percento, le attività professionali con l'undici per cento e, a seguire, tutti gli altri settori con percentuali minori. - dice Eleonora Mattia, Presidente della IX Commissione Lavoro del Consiglio regionale del Lazio - Ma emerge nuovamente un altro dato ancora più sconfortante: sono più le donne che gli uomini a beneficiare dell'ammortizzatore sociale».

Su un totale di 195.003 lavoratori per i quali è richiesta la Cig, 93.392 sono donne e 83.723 sono uomini. Circa 10mila unità in più, la prova delle difficoltà che le lavoratrici stanno affrontando per rientrare nel mondo del lavoro, obbligate ad accudire i figli durante le vacanze scolastiche, come hanno dovuto fare durante il lockdown.

«E' un trend allarmante che genera preoccupazione. -dice ancora Mattia - Se incrociamo questi numeri con il dato emerso recentemente sulle richieste di posti negli asili nido di Roma che sono addirittura 3mila in meno rispetto allo scorso anno il quadro è chiarissimo, purtroppo. La priorità assoluta per riattivare il circolo virtuoso che favorisce il reinserimento delle donne nel mondo del lavoro e in generale, la ripartenza della nostra economia è senza dubbio la riapertura delle scuole e la ripresa dei servizi educativi a settembre. Un impegno che le Istituzioni, a tutti i livelli, devono assumersi immediatamente e anche nei prossimi con politiche che incentivino quanto più possibile il ritorno nel mondo del lavoro delle donne o, comunque, che diano loro la possibilità di essere libere di scegliere e non obbligate a rimanere in casa».

Più semplice a dirsi che attuare davvero una svolta che consenta alle donne di tornare a lavorare, nella precedente mansione o in un'altra nuova. Per Eleonora Mattia è determinante partire dagli «interventi legislativi a cominciare anche dalle retribuzioni, approvando subito la legge sulla parità salariale e colmando così anche il gap retributivo, che penalizza le donne rispetto agli uomini. Questa scelta può senz'altro essere uno strumento valido per incoraggiare le donne a tornare al lavoro».