«Il nuovo decreto emanato dal Governo è un colpo mortale per le discoteche oltre ad essere mortificante per una categoria additata come causa del contagio ed invece fino ad oggi rispettosa delle regole e della sicurezza». E' un fiume in piena Virginio Moro, coordinatore regionale Lazio e presidente provinciale del sindacato dei locali da ballo (Silb), gestore di discoteche rinomate da dove è decollata la carriera di tante donne dello spettacolo.

Oggi rappresenta sul territorio 25 realtà che fanno lavorare oltre 600 persone, funestate dall'emergenza Covid e dagli effetti delle decisioni del Governo. Dopo lo stop alla discoteche e la doccia fredda del Tar che ha considerato la posizione dell'associazione dei gestori delle sale da ballo «eccessiva rispetto all'interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto», Moro intende andare avanti con il sindacato nel difendere gli interessi di una categoria messa in ginocchio.

«Questo è un settore già decapitato sette mesi fa – spiega - le prime attività a chiudere e le ultime a riaprire sono state le discoteche, il Felix e il Biancoro ad esempio hanno chiuso il 22 febbraio e dopo il lockdown sono poche le discoteche che hanno riaperto i battenti perché le misure restrittive, ballare a un metro di distanza con la mascherina, e sanificare ogni volta i locali, sono risultate proibitive per chi non era proprietario degli immobili e già doveva fra fronte agli affitti di lunghi mesi senza introiti.

Chi invece ha riaperto lo ha potuto fare per poche settimane e oltre a questo c'è la beffa del danno d'immagine: essere additati come locali focolai del contagio, mentre i rischi si concentrano in altri luoghi che non vengono affatto controllati». Moro si riferisce a «bar ristoranti, alberghi, stabilimenti e ville che hanno approfittato della chiusura delle discoteche per trasformarsi in attività di pubblico spettacolo con cene musicali ed intrattenimento danzante. Ne ho avuto la conferma constatando che cuochi, camerieri e ragazze immagine che lavoravano per noi, una volta chiuse le strutture sono stati contattati altrove. Ora mi chiedo: i controlli dove sono?».