E' un gioco che si protrae da milioni di anni, protagonisti la natura, il tempo, un dinosauro e gli umani del terzo millennio. La natura ha conservato per 110 milioni di anni le impronte dell'animale lasciando alla sedimentazione dei minerali il compito di trasferire ai posteri informazioni sugli inquilini dell'alba del pianeta, e puntualmente il messaggio è arrivato a destinazione. Così, quando nel 2016 un paio di giovani, un geologo e un fotografo, hanno individuato sulla massicciata del nuovo molo del porto canale di Rio Martino un grosso blocco di calcare con ancora impresse le orme lasciate da un dinosauro, abbiamo avuto la certezza che nel periodo cretaceo del mesozoico i luoghi che stiamo calpestando esistevano già, ed erano popolati dalla fauna di allora, perché quel cubo di calcare arriva da una cava di Camposoriano, nel comune di Terracina. Una scoperta importante, tanto quanto è importante poter disporre delle tracce che quella scoperta hanno reso possibile.

Il reperto non poteva che essere affidato alla Soprintendenza per i beni archeologici, che a sua volta aveva avuto una interlocuzione con gli enti che avrebbero potuto prendersi cura di quel meraviglioso blocco di pietra: il Comune di Terracina, il Comune di Latina e l'Ente Parco Nazionale del Circeo. A rispondere era stato uno soltanto, il Comune di Latina, e correttamente la Soprintendenza gli aveva affidato il blocco affinché provvedesse alla giusta collocazione e alla doverosa divulgazione di quel prezioso messaggio arrivato a noi dall'inizio dei tempi.
Preso in carico il blocco, il Comune di Latina lo ha diligentemente tolto dalla banchina dove era soggetto al calpestio degli umani e alle intemperie, e lo aveva provvisoriamente appoggiato qualche metro più in là, nel parcheggio del porto canale, in attesa di trasferirlo in una più appropriata sede. Si era parlato del Procoio di Borgo Sabotino, ma non se n'è mai fatto nulla.

Nel 2018, la Soprintendenza è tornata a sollecitare l'amministrazione comunale, invitandola a provvedere alla messa in sicurezza e alla cura di quell'importante testimonianza storico archeologica e biologica.
Ma nonostante le sollecitazioni, le impronte del dinosauro sono rimaste all'addiaccio in quel di Rio Martino, protette a una recinzione sui generis, quanto bastava comunque ad impedire alle persone di poterle guardare da vicino. E la settimana scorsa all'ostinata inerzia degli inquilini di Piazza del Popolo si è finalmente opposta l'iniziativa della Soprintendenza, che ha deciso di aderire alla richiesta del Parco regionale dei Monti Ausoni che chiedeva di riportare il reperto a Camposoriano, che è il luogo di provenienza del reperto, ed è andata a riprendersi quelle impronte snobbate per affidarle a chi ha invece mostrato maggiore interesse al loro mantenimento e alla loro valorizzazione.

Un'altra figura barbina per l'amministrazione Coletta, incapace in quattro anni di trovare un luogo, fosse anche il cortile interno del palazzo comunale, dove esporre quella meraviglia. Bisogna quindi ringraziare il soprintendente e lo zelo del suo personale, in particolare il dottor Francesco Di Mario, per aver tratto in salvo le orme del dinosauro e averle sottratte all'insolente disinteresse di un'amministrazione distratta da compiti certamente più alti, benché invisibili.