Avrebbe compiuto 88 anni il 6 febbraio Amabile Altobello, la prima iscritta all'anagrafe della città, protagonista di una storia che sembra una favola intrecciata a doppio filo con la diva Audrey Hepburn e che le cronache locali e estere hanno raccontato per anni. Ci ha invece lasciato sabato 30 gennaio in ospedale, circondata dall'amore delle figlie Marisa, Lorella e Alice, di sei nipoti e cinque pronipoti, lasciando dietro di sé una testimonianza di vita significativa che poco ha a che fare con le riviste patinate, l'apparenza, il sogno di agi e privilegi e che invece porta il segno del sacrificio, di anni di lavoro e di valori come l'onestà sui quali ha fondato la sua famiglia in un podere di Borgo Carso dove è nata ed è vissuta. Siamo ai primordi storici della nostra terra per raccogliere l'onda lunga di una bella storia che ci parla di un sogno avveratosi nella vita di una giovane donna cresciuta insieme alla città. Un viaggio a ritroso nel passato con la figlia Marisa Soldà che rievoca il periodo più bello e intenso della sua vita, quello delle nozze e di quell'abito condiviso con la diva Hepburn di cui amava parlare con le figlie e i nipoti. Un ricordo dolce di cui era orgogliosa. I funerali si svolgeranno martedì 2 febbraio alle 10 e 30 nella chiesa di Borgo Carso, con la camera ardente allestita due ore prima, dalle 8 alle dieci.

Tra sogno e realtà
Chi era Amabile Altobello? La prima iscritta all'anagrafe di Littoria nasce il 6 febbraio 1933 a pochi mesi dall'inaugurazione della città: in realtà era la terza nata, ma venne iscritta per prima nel libro delle nascite (appena fu istituita l'anagrafe cittadina) poiché il suo nome e cognome cominciavano per la A. Pesava appena sette etti e la sua culla dei primi giorni diventa una scatola di cartone piena di cotone, come si usava allora per i bimbi sottopeso. Dovranno passare più di vent'anni prima che le strade di Audrey e Amabile inizino ad incontrarsi, nel 1952, quando la diva di Hollywood si appresta a girare "Vacanze romane". È fidanzata con James Hanson, un industriale inglese e sono prossimi al matrimonio, così Audrey decide di commissionare il proprio abito nuziale all'Atelier delle sorelle Fontana, le stiliste che hanno vestito la generazione della dolce vita. L'abito, elegante, semplice e raffinato nello stile dell'atelier e della donna che dovrà indossarlo, icona di stile per generazioni, è degno di una principessa. Tutto sembra pronto per le nozze, ma Audrey decide di annullare il matrimonio e chiede alle sorelle Fontana di custodire l'abito fino a che non avessero trovato una ragazza bisognosa a cui regalarlo.

Un premio per Latina
Cosa succede dopo e come le storie di Amabile e di Audrey si intrecciano lo racconta la figlia Marisa. «Tutto è cominciato nel 1960 a seguito di una trasmissione radiofonica "Soli contro tutti" – dice - condotta da Mario Riva in cui le città si sfidavano in alcuni giochi radiofonici. Latina vince e chiedono all'allora vicesindaco D'Erme cosa volesse come premio, lui rispose che avrebbe voluto una ‘serenata per la prima nata della città'. Mamma aveva 27 anni e stava ascoltando la notizia insieme ai suoi fratelli attorno a un tavolo da una radiolina regalata allo zio. Disse: «Questa sono io», tra l'incredulità di tutti. Era proprio lei la prima iscritta all'anagrafe. Fu convocata in Comune e negli studi Rai e il presentatore Riva quasi subito le chiese come mai una ragazza di quella età non fosse ancora sposata. Rispose che veniva da una famiglia povera, era fidanzata con Adelino Soldà, ma non aveva ancora le possibilità per sposarsi. Da qui nacque l'idea di Riva di regalarle, come premio per il concorso vinto, un matrimonio da sogno». Gli sposi riceveranno vari regali fra cui la cucina per la casa, l'abito per lo sposo, il viaggio di nozze a Parigi con l'interprete e anche l'abito da sposa. Le sorelle Fontana si ricordano dell'abito che avevano custodito per anni. Nessuno sa ancora che quello è l'abito delle nozze mai celebrate fra Audrey Hepburn e James Hanson e bisognerà aspettare il 2002 prima che venga resa nota l'incredibile notizia.

Il dono inaspettato
«Fu un sogno per mamma, fu sposata dal vescovo e fecero il ricevimento all'Albergo Italia- racconta Marisa - fu una favola che le lasciò un bel ricordo di cui amava parlare. Abbiamo scoperto in seguito che l'abito era stato donato e riadattato due motivi, perché la Hepburn voleva che fosse destinato ad una ragazza povera e poi perché mia mamma chiamava Amabile come la mamma della sorelle Fontana». Quando Micol Fontana vuole creare una fondazione con le sue creazioni per dive e principesse iniziano, a partire dal 2003, le ricerche per ritrovare l'abito regalato e chiederne la restituzione. «Arrivarono richieste di interviste ci contattarono da tutto il mondo, persino da Bogotà. Mamma non voleva rinunciare a quel ricordo affettivo così significativo e non volle restituire l'abito». Poi se ne staccò anni dopo, fu venduto all'asta. La vita di Amabile non è stata semplice, il marito perso quindici anni fa e altre ferite di vita dolorose che serbava nel cuore con la dignità delle donne che hanno creato radici e famiglie salde dalle loro origini umili. «Amava Latina, diceva sempre che quando sarebbe morta voleva essere sepolta sotto il primo pino del cimitero della città - ricorda con dolcezza la figlia - il nostro rammarico di figlie è che la città l'abbia un po' dimenticata non dandole il giusto riconoscimento se non attraverso organizzazioni private. In fondo era una prima nata vivente in una città giovane come Latina con una bella storia da raccontare, fatta di sacrifici, di umiltà. Il nostro sogno è raccontare la sua storia in un libro».
Il ricordo di una città e dei suoi Borghi resta un'immagine che Amabile non ha più dimenticato, un amore cresciuto negli anni per un richiamo intimo che parla di un passato di cui siamo parte, di uomini e donne che hanno lasciato qualcosa di sé. Un'epoca poi chiusa dagli anni del consumismo e del pieno rigoglio della società del benessere, ma che ci rimanda emozioni e ricordi di chi, cresciuto nel lavoro e nei valori di una comunità, a questa comunità ha restituito il suo senso. Più vero di qualsiasi favola