Impiegata ATA di un istituto scolastico di Latina reintegrata al suo posto di lavoro dopo essere stata posta in pensione, nonostante non avesse maturato i contributi minimi per la pensione.

La vicenda ha riguardato M.L.P., collaboratrice scolastica di Formia, che per "riconquistare" il posto di lavoro, si è dovuta rivolgere alla Uil scuola. Nel febbraio dell'anno scorso alla signora veniva notificato un decreto firmato dal dirigente di un Istituto Comprensivo di Latina con il quale le veniva comunicata la cessazione dal servizio per "raggiunti limiti di età". La ricorrente, ritenendo illegittimo il decreto, poichè mancava il requisito del raggiungimento dei contributi minimi per l'accesso al trattamento pensionistico, lo ha impugnato con diffida alle Amministrazioni, inoltrata dalla UIL scuola di Latina a mezzo del segretario provinciale dott. Pasquale Di Vanna, chiedendo l'annullamento anche in autotutela; ma l'istanza è rimasta senza riscontro.

L'ufficio legale della Uil scuola Latina, con i procuratori avvocati Franco Gildo Marcone e Gildo Marcone del Foro di Cassino hanno così proposto ricorso cautelare adducendo che «la ricorrente, nonostante abbia compiuto il 67° anno di età non è in possesso dei requisiti contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, non avendo maturato i 20 anni di contributi minimi richiesti dalla legge; quindi ha pertanto diritto al trattenimento in servizio sino al compimento del 71° anno di età per il raggiungimento dell'anzianità contributiva minima di cinque anni ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico come previsto dalle norme vigenti, avendo la stessa versato i primi contributi dopo il 31.12.1995 e rientrando quindi nel sistema contributivo».

La Uil, come sottolineato dal segretario provinciale Pasquale Di Vanna, ha invitato l'Amministrazione a rivedere la questione, vista la normativa chiara e precisa, ma senza riscontri. Da qui la decisione di ricorrere alla magistratura, la quale ha disposto che la P.A. deve proseguire il rapporto con il pubblico dipendente oltre il raggiungimento del limite anagrafico, per permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a pensione. «Resta l'amarezza - ha affermato Di Vanna- per la chiusura dell'istituto che avrebbe potuto risolvere la questione senza ricorrere all'A.G..

Purtroppo, l'ostinato rifiuto a rivedere le proprie tesi, come spesso accade, porta a dover spostare il confronto in altre sedi, causando anche ansie ai ricorrenti e spese inutili alla collettività, quando non si trasforma, invece, in atteggiamento vessatorio nei confronti del dipendente che tenta solo di veder rispettati i propri diritti. Altri invece, purtroppo ci rinunciano, subendo l'ingiustizia, perché non in grado di trovare la giusta tutela o perché sono sfiduciati nei confronti dello Stato».