Quello di ieri è stato l'ultimo giorno di produzione per i 70 operai della Nalco, ma non di lavoro. Da lunedì infatti, inizierà l'opera di pulizia e bonifica del ciclo di produzione e dello stabilimento. Un passaggio che segnerà la chiusura della realtà di via Artemide entro la fine dell'anno. Un vero colpo al cuore non solo degli operai ma per l'intera comunità. Parliamo di una delle prime industrie sorte sul territorio nel dopoguerra. Lo stabilimento sorto a ridosso della stazione è stato costruito da squadre di operai del luogo, poi divenuti operai. Poi nel 1982 la realtà si era spostata in via Artemide, in quella che è l'attuale zona industriale di Cisterna. Un cenno storico doveroso per comprendere quanto la Nalco rappresenta per i cisternesi e quanto i cisternesi hanno dato a questa realtà.

Lo stop della produzione era una notizia già nota da tempo sia per i dipendenti che per i sindacati. Per loro da lunedì inizia un lavoro gravoso quanto triste, cioè quello di lavare tutte le macchine, svuotare i serbatoi e mettere in sicurezza le diverse zone dello stabilimento. Insomma saranno loro a dover mettere la parola fine ad una realtà che deve invece continuare a vivere. La forza lavoro è stata divisa in due blocchi per un lavoro che durerà 60 giorni. Dopodiché scatterà la cassa integrazione.

Qualche giorno fa su queste colonne abbiamo provato a ricostruire gli ultimi mesi di questa realtà, dal 2007 acquisita dal colosso Ecolab. Una protesta che ha visto i lavoratori manifestare sotto la sede di Unindustria di Latina. E proprio dalla sede dell'Ente è emersa l'unica possibilità di salvezza per tenere in vita la Nalco: la riconversione del sito. Il dottor Francesco Borgomeo presidente di Unindustria di Cassino sta facendo da mediatore per trovare nuovi acquirenti fondamentali alla riconversione dell'industria, come è fondamentale il sostegno di Ecolab in questo nuovo percorso.

I motivi della crisi sarebbero da ricercare nell'allontanamento del mercato, nella mancanza di volumi e dei costi di produzione. Questo perché i sito, oggi nella zona industriale del comune pontino, non sarebbe più strategico nel mercato di riferimento. Eppure fino a 24 mesi fa, la produzione superava le 40mila tonnellate di additivi chimici per caldaie industriali. Il solo effetto Covid non può essere l'unica causa. E se non ci sarà la riconversione del sito (si è anche paventata un soluzione ad economia circolare), dopo la Good Year un altro pezzo miliare dell'industria cisternese chiuderà definitivamente i battenti nel giro di qualche mese.