«Signor ministro, la invitiamo a risolvere una situazione giunta ormai al collasso. L'assistenza domiciliare su pazienti ad alta complessità di fatto non viene più erogata dalle società accreditate per conto della Regione Lazio». Questo l'incipit dell'appello rivolto al ministro alle Politiche per la Disabilità Erika Stefani da alcuni genitori della nostra provincia alle prese con figli affetti da disabilità gravissima e bisognosi di assistenza domiciliare. Solo nella provincia di Latina si contano 32 casi complessi e un gruppo whatsapp dedicato. A battersi in prima fila è Valentina di Sabaudia, mamma di Chloe, dieci anni e in lotta con la sindrome di Dravet, un'epilessia farmaco resistente neonatale. «Prendo atto che le esortazioni già fatte pervenire a mezzo mozioni da Angelo Tripodi della Lega, che non finirò mai di ringraziare, all'assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato non sono valse a nulla - scrive Valentina al ministro -, e con gli altri genitori torniamo a denunciare le condizioni di vita delle nostre famiglie, che da inizio pandemia si trovano costrette a combattere contro le grandi falle legislative ed amministrative dell'assistenza domiciliare, giunta al collasso per mancanza di personale infermieristico professionale per i nostri malati ad alta complessità colpiti da malattie rarissime e degenerative. Le società erogatrici ci comunicano che in carenza di personale non riescono a coprire i turni e questo, purtroppo, si verifica già da mesi. Ma avete idea di cosa significhi assistere un paziente complesso, giorno e notte, senza un valido aiuto? Puo' immaginare in quali condizioni di stress psicofisico vengono messi il caregiver e l'intera famiglia che vivono questo tipo di disagio? La mancanza di stabilizzazione del personale da parte delle società accreditate presso la Regione Lazio ha causato la fuga in massa di infermieri che, in cerca di garanzie contrattuali, hanno trovato occupazione presso cliniche o altre strutture, spingendo gli infermieri stessi a partecipare ai concorsi pubblici che hanno assorbito un'ingente quantità di personale».

Molti degli infermieri assunti per l'emergenza Covid, fanno notare i genitori coinvolti dalla problematica, sono quelli che in precedenza si occupavano delle assistenze domiciliari. Da qui la richiesta a reperire personale e stabilizzarlo, come accade per gli ospedali. «Del resto la nostra è una "ospedalizzazione" presso il domicilio - aggiunge Valentina nell'appello dei genitori al ministro -. Scorrendo la graduatoria per le assunzioni, quindi, sarebbe utile assumere operatori per assicurare un'assistenza continuativa e stabile. Le nostre famiglie e i nostri sistemi nervosi sono già messi a dura prova dalla sofferenza di malattie inenarrabili e la politica non può dimenticarsi di noi, a maggior ragione durante questa pandemia».
Poi l'affondo alle società accreditate con la Regione, che «continuano in tutta tranquillità - si legge - a lasciare assistenze con numerosi turni scoperti senza offrire più quelle garanzie che hanno permesso il loro accreditamento. Nello stesso tempo, però, vengono attivate nuove assistenze a bassa intensità con l'impiego di altre risorse infermieristiche. E queste società non stanno subendo alcuna conseguenza, al contrario delle nostre famiglie che hanno silenziosamente subito di tutto e sono ormai stanche, distrutte, abbandonate dalle istituzioni».
L'assistenza domiciliare resta un servizio che dovrebbe essere garantito per legge. Equivale infatti ad assicurare la sopravvivenza dei pazienti più fragili e del caregiver di turno. «Una figura, tra l'altro, in attesa di un riconoscimento che gli conferisca il valore che merita - sottolinea Valentina -. Come molte altre associazioni nel settore della disabilità, anche noi abbiamo esortato l'approvazione di una legge regionale che riconosca il ruolo del caregiver, ma purtroppo, anche su questo tema, la Asl ha le mani legate e siamo ancora in attesa di una risposta da parte delle istituzioni, perché adesso tocca al ministro della Salute Speranza intervenire una volta per tutte».