Oltre che da un punto di vista prettamente archeologico, il sito di grotta Guattari potrebbe contribuire in modo significativo alle ricerche sul paleoclima che da anni vengono portate avanti sulle coste laziali. Di rilevanza, in tal senso, gli studi compiuti dai ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Per quanto riguarda gli studi su grotta Guattari, l'Ingv – come si legge sul sito dell'istituto – ha contribuito sul fronte delle indagini geologiche finalizzate a fornire gli elementi per datare la frequentazione della grotta, così da ricostruire le variazioni climatiche.

«La costa del Circeo – dice Fabrizio Marra, ricercatore dell'INGV – è caratterizzata da scogliere calcaree e da grotte che si affacciano 5-7 metri sopa l'attuale livello del mare. Le grotte che la caratterizzano, come grotta Guattari, sono famose per aver offerto riparo all'uomo di Neanderthal. Gli studi che stiamo realizzando insieme a tutti gli enti di ricerca coinvolti si sono concentrati proprio in questo sito, dove sul finire degli anni Trenta venne rinvenuto un cranio di Neanderthal perfettamente conservato. Tra gli elementi di grande interesse paleoclimatico emersi durante gli studi ci sono una serie di indicatori di livello marino conservatisi all'interno della grotta in forma di spiagge ‘fossili' e depositi di retrospiaggia, che permettono di ricostruire le oscillazioni del livello del mare durante il penultimo periodo interglaciale, tra 125.000 e 80.000 anni fa. Per fornire datazioni precise degli eventi climatici e dei reperti umani è stato utilizzato un metodo innovativo basato sulla datazione di singoli cristalli di origine vulcanica contenuti all'interno dei sedimenti che costituiscono il riempimento della grotta».

Le sensazionali scoperte archeologiche sono state commentate anche dal presidente della Provincia Carlo Medici. «Ottanta anni dopo la scoperta di Grotta Guattari, il sito archeologico si arricchisce di nuovi tesori che ci aiutano nello studio della storia sul popolamento dell'Italia. Si tratta di un evento eccezionale – prosegue Medici - sia per la qualità che per la quantità del materiale archeologico ritrovato, grazie al lavoro degli esperti della Sovrintendenza di Latina e Frosinone in collaborazione con università e altri enti sul quale gli studiosi di tutto il mondo potranno effettuare ulteriori ricerche: ora si lavora infatti per ricostruire il quadro paleoecologico della pianura Pontina tra i 125mila e i circa 50mila anni fa. Per questa provincia un motivo di orgoglio e soprattutto in prospettiva un richiamo per appassionati e studiosi a visitare il nostro territorio quando i reperti, che ora sono stati portati a Roma per essere analizzati, torneranno qui».