Sono passati più di tre anni – era il 29 giugno 2018 – che il Sindaco annunciò il nome di Silvio di Francia come nuovo assessore alla cultura. Oggi che sta per lasciare Latina parla con orgoglio delle cose fatte ma dice con la coerenza e lo stile pacato e umano che lo hanno contraddistinto di prendersi «la responsabilità, integrale, delle cose che non hanno funzionato».

Di Francia partiamo dai successi.
Condivido i successi con il servizio cultura e con dirigenti (e il ricordo non può che andare a Antonella Galardo) e collaboratori. Cito le cose che quel servizio ha realizzato con uno sforzo collettivo: due ‘notti bianche', otto bandi rivolti alle associazioni di Latina (che hanno prodotto concerti, letture, spettacoli di danza e di teatro, mostre), il Sistema delle Città di Fondazione, il nuovo Museo Cambellotti, la promozione delle eccellenze vitivinicole, una Guida di Latina che mancava da anni, la tradizione inedita dei concerti gospel di Natale, il ritorno dei Carri di Carnevale, la promozione della Street Art, il Museo 4.0. Ma, soprattutto, risorse reperite da bandi ministeriali e regionali che hanno colmato disponibilità finanziarie che, nessun comune, dopo la crisi del 2008, poteva avere.

Quali sono le idee realizzate a cui tiene di più?
Sicuramente il convegno sull'intera opera di Antonio Pennacchi, il nuovo Museo Cambellotti e le due Notti Bianche: quella di Calcutta e di Achille Lauro che hanno dimostrato che le idee, anche le più bizzarre (la seconda era dedicata al 50° anniversario dello sbarco sulla Luna) possono stimolare un pubblico anche a frequentare una spiaggia alle 5.30 dell'alba per un concerto di violini.

Quali sono invece i rimpianti?
Avrei dovuto e voluto fare di più per valorizzare la marina di Latina. Anche su Satricum si doveva e si dovrà fare di più. Ovviamente il Covid ha peggiorato tutto, ma ci siamo sforzati di stare vicino alle associazioni e agli artisti. Il bando digitale "L'arte e la cultura al tempo del Covid" è stato un modo per stimolarli a non arrendersi, a sperimentare linguaggi nuovi.

Il teatro ancora chiuso, lei non si è mai nascosto di fronte alle difficoltà sorte strada facendo.
Il teatro è un capitolo, per me, amarissimo. Praticamente vi ho potuto svolgere un solo spettacolo (era Copenaghen). Il pomeriggio – era una giornata di pioggia battente - vidi che sul palcoscenico ci pioveva. Dopo la campagna elettorale, si vedrà che il teatro aveva enormi problemi strutturali: 30 anni di mancate manutenzioni ordinarie e straordinarie, alle quali si è aggiunta una agibilità che non c'era fin dalla sua inaugurazione. Il programma teatrale all'aperto di questa estate è stato, in fondo, una premessa alla riapertura del Teatro D'Annunzio.

Cosa suggerisce a chi verrà dopo di lei?
Suggerisco, sommessamente, specialmente ora che l'agibilità del teatro è imminente (mi dicono novembre) - di voltare pagina e pensare al futuro. Nessuna amministrazione da sola, oggi, può sostenere il peso economico e amministrativo di un teatro. Un modello viene dal nuovo Museo Cambellotti, che è stato rinnovato – a mio avviso con successo – grazie proprio alla sua autonomia scientifica e amministrativa.

L'ultimo anno è stato difficile, ci ha tolto Antonio Pennacchi…
Solo adesso che l'elaborazione del lutto è in atto, avverto quel senso di vuoto che sarà lungo da colmare. Più dello scrittore, mi mancano i suoi appuntamenti a passeggiare, a ragionare e anche, rare volte, a litigare. Mi mancano le sue mail notturne, le sue invettive sul mio essere laziale. Antonio merita che si faccia un grande convegno, di carattere nazionale, che riunisca scrittori, critici letterari, intellettuali. Un evento almeno pari a quella sorta di "maratona Pennacchi' – è stata la mia più grande soddisfazione – che organizzammo nel Foyer del Teatro.

Come chiude questa esperienza?
Di solito si chiude con dei ringraziamenti. L'elenco sarebbe interminabile. Mi limiterò, dunque, a due persone che possono rappresentarle tutte: il Sindaco Damiano Coletta perché mi ha concesso autonomia e libertà di azione e Elena Lusena, che è stata molto di più che una collaboratrice competente. Ci tengo a salutare i cittadini di Latina (tutti, anche quelli che mi hanno criticato) per l'accoglienza che mi hanno dimostrato. Comunque vada mi vedrete sempre in giro per la città. Perché Latina mi è entrata nel cuore... e non è una frase retorica.