Ha un nome l'ultima frontiera dello sfruttamento intensivo dei terreni agricoli in provincia di Latina: l'installazione dei pannelli solari. L'esigenza di voltare pagina e andare verso una maggiore produzione di energie rinnovabili sta portando le offerte di acquisito anche di piccoli appezzamenti a cifre che per i proprietari e le loro famiglie equivalgono ad un dignitoso reddito annuale.
A farne le spese più di altre realtà sono soprattutto le piccole aziende zootecniche, i cui costi invece sono molto alti e la prospettiva di ripresa dei prezzi alla base è ormai una chimera. Vanno avanti quasi solo gli allevamenti dai grandi numeri, mentre i piccoli affittano terreni e accettano contratti a lungo e lunghissimo termine per l'installazione dei pannelli di produzione dell'energia solare. Le grandi manovre per occupare una superfice sempre maggiore con pannelli solari sono iniziate già da qualche nano ma si sono intensificate negli ultimi mesi, in concomitanza con l'obiettivo annunciato di potenziare l'economia green e di raggiungere entro il 2030 una produzione solare pari al 40% del fabbisogno del Paese. L'obiettivo è ambizioso e molto in linea con un nuovo movimento ambientalista globale. Il vero volto di questa metamorfosi energetica però lo si incontra solo girando per le campagne pontine, soprattutto nel settore della zootecnia, appunto.
Lì parlano i volti degli agricoltori e degli allevatori che hanno già accettato di cedere la terra per le installazione dei pannelli. Sono volti sconfitti: si sa che stanno affittando o vendendo perché non ci sono altre possibilità per andare avanti con le produzioni e gli allevamenti che avevano fino ad oggi. Dunque la svolta ecologista, qui, nella provincia verde che approvvigiona i mercati alimentari di mezzo Paese, è il prodotto finito della crisi vera, estranea al covid e strutturale da anni. Si è semplicemente arrivati al capolinea. In più c'è un aspetto secondario ma non irrilevante e riguarda l'impatto ambientale dei pannelli, certamente inferiore a molte altre fonti inquinanti o deleterie per l'ambiente. Di esperienza analoghe se ne sono viste già con gli impianti di produzione di energia alternativa, anch'essi piombati in massa e in tempo velocissimi, su intere fette di territorio e non è ancora chiaro il bilancio finale tra sviluppo dell'economia sostenibile e impatto sull'ambiente esistente. Per ora uno dei pochi Comuni ad essersi accorto che anche i pannelli solari potrebbero rappresentare un «problema» per il territorio è stato quello di Aprilia. Forse perché è stato il primo a ricevere una vera e propria ondata di richieste di installazione.
Una volta comprati o affittati i terreni bisogna infatti avviare un iter burocratico che implica la comunicazione all'amministrazione locale. Nei fatti esiste il pericolo, quantomeno potenziale, di ipotecare centinaia di ettari di terreno agricolo fertile, terreni sui quali fra trent'anni, il tempo in cui un impianto fotovoltaico giunge ad esaurimento, sarà difficile tornare a coltivare. Aprilia già oggi conta una rilevante concentrazione di impianti sia di smaltimento e stoccaggio di varie tipologie di rifiuti che di produzione e anche sul fronte delle nuove domande per il fotovoltaico e ai primi posti. Da notare che è anche una delle aree provinciali dove la crisi dell'agricoltura si sta facendo sentire con maggiore forza.