Arena di Cicerone, domenica mattina: il nome altisonante cela un piccolo campo in collina dove si allena e gioca una squadra femminile di calcio a cinque che perde quasi tutte le partite ma ha già vinto una causa tra le più difficili, quella contro la violenza sulle donne.

Dentro una foto
La loro è una storia che si racconta da sola e si legge in alcuni scatti folgoranti di Enrico Duratorre. In una c'è Serena che corre dietro al pallone, assediata da due avversarie di 15 anni più giovani, dribbla per cinque metri, tira, è fuori; lei si rialza, guarda verso la panchina e un po' più giù dove il mare di Vindicio sta ricordando a tutti che pure questo inverno sembra lugliembre. Le calciatrici della «Gaeta Futsal femminile» partecipano per la prima volta al campionato di Serie D femminile di calcio a 5, hanno preso più di 20 gol e ne hanno segnati meno di un quinto. Però nel match della settimana dedicata alla lotta contro le violenze di genere la Presidente del club, Valeria Aprile, ha portato una copia del suo libro «La chiave della libertà» per le calciatrici della squadra avversaria e ad ogni partita fa lo stesso gesto, regala il libro al capitano dell'altra squadra. «Queste ragazze, queste donne sentono di essere parte di una causa - dice Valeria, che nella vita fa l'avvocato e da 12 anni è impegnata in campagne di sensibilizzazione contro la violenza sia fisica che psicologica - e lo si vede non solo da logo sulle divise dell'Associazione Diritto e Donna - ma dallo spirito con cui affrontano ogni partita».

In tribuna
Il pubblico sugli spalti è composto di parenti, amici, pochi ma buoni, appassionati come se ne vedono nelle cosiddette competizioni minori sui tanti campetti sperduti dell'Italia profonda, luoghi in cui si gioca un'altra partita, fatta di valori, divertimento, competizione, talvolta rabbia e disperazione per un messaggio come questo della Futsal. Hanno uno slogan: «Diamo un calcio alla violenza». E un calendario per il 2022 che segue lo stesso liet motiv. E un video diffuso a partire dal 25 novembre scorso. E una data importante cui guardare: a marzo prossimo un torneo qui, all'Arena Cicerone, sotto la tomba della sfortunata Tulliola. Praticamente nessuna delle calciatrici della Futsal fa solo questo a tempo pieno, alcune sono state professioniste nel loro passato e oggi sono mamme, commesse, impiegate che si allenano con costanza e determinazione. «Questa squadra trasmette un messaggio - dice ancora Valeria Aprile - oltre ad inseguire un'idea di sport capace di aggregare donne che si ritrovano in campo per competere, cadere e rialzarsi. E' difficile far comprendere a tutti l'impatto che la violenza sulle donne ha sulle vittime e sulla società. Ma è altrettanto importante far sentire alle vittime la possibilità di denunciare con la consapevolezza di poter contare su una rete di assistenza legale e psicologica. Purtroppo i dati sono aumentati specie durante la pandemia, quando l'attenzione di tutti era concentrata sul virus e purtroppo la violenza domestica è aumentata a dismisura. Adesso dobbiamo recuperare terreno e non è semplice. Un giorno una giocatrice di una squadra avversaria mi ha avvicinato e ha detto: ‘Un giorno ti racconterò una storia' e in quel momento credo di aver capito quanto sia ancora necessario far sentire che esistono realtà di ascolto e protezione. Io non avrei mai pensato di far parte della dirigenza di una squadra e invece sono qui e penso che sia solo l'inizio». Quel «mantra» della presidente passa anche dentro la squadra, anzi dentro il campionato. Se li si guarda bene, tutti nel rettangolo dell'arena Cicerone cambiano un po' faccia quando si accorgono del logo sulle divise della Futsal, anche gli arbitri, i presidenti delle altre squadre, gli allenatori. Chi entra lì entra in un mondo che prende nota di un problema. Per il resto la vita di questo campionato femminile di calcio a 5 è la stessa di tutte le manifestazioni figlie di un dio minore rispetto al calcio santificato nei templi della Serie A e B. Le squadre arrivano con auto private, pulmini a noleggio guidati dal presidente, uno o due sponsor che ci credono comunque vada, pizza e succo di arancia alla fine per tutte.

Futuro
La capitana della squadra, Serena Taglialatela, è una delle più convinte circa la mission di informare e di farlo giocando a calcio; lei stessa quando non è in campo lavora per i servizi sociali e tante, troppe, volte si è trovata tra le mani un fascicolo di violenza domestica. Tutte insieme sperano che sia proprio questo campionato ad aiutare la causa, ad allargare gli orizzonti in ogni altro campo dove sono ospiti tra le province di Latina, Frosinone e Roma. Il terreno di gioco è sempre lo stesso: campetti di periferia. Perché la carenza di strutture per lo sport non è una notizia che colpisce solo quando in quelle strutture nascono e si allenano campioni olimpici. No, è proprio la realtà di tutti i giorni senza sconti per nessuno. E le partite si svolgono quando quelle strutture non servono agli altri, per questo le partite di casa si svolgono la domenica mattina e quando si va in trasferta può accadere il venerdì pomeriggio o il sabato mattina. Senza dare fastidio. Ma facendo tanto «rumore». Valeria Aprile dice che è un rumore «buono», un vento di crescita e consapevolezza. E dice pure che sarebbe «bellissimo se sempre più donne venissero all'Arena a fare tifo per noi e per il nostro messaggio soprattutto».